Le stime ufficiali parlano di 565 morti a causa dell'epidemia, con 12.550 casi di contagio: in 9 delle 10 province del Paese africano sono stati accertati focolai di infezione.
L'epidemia è stata scatenata già nel mese di agosto dalla carenza di acqua potabile e dalle pessime condizioni igieniche, ma ad amplificarla è ora soprattutto l'incapacità del governo di fronteggiare l'emergenza: molti ospedali stanno addirittura chiudendo i battenti.

«Le autorità municipali non sono più in grado di garantire l'acqua corrente e la raccolta dei rifiuti» afferma il portavoce dell'UNICEF Zimbabwe Tsitsi Singizi. «Al tempo stesso, stanno venendo a mancare le strutture sanitarie, il che rende impossibile curare l'elevato numero di infezioni.»
L'UNICEF è al momento l'unica organizzazione in grado di rispondere alla crisi distribuendo scorte di acqua e farmaci in misura significativa: ogni giorno l'UNICEF garantisce in media 360.000 litri di acqua potabile.

L'unica agenzia in grado di rispondere alla crisi

L'UNICEF, presente stabilmente nel Paese, ha lanciato a inizio dicembre un piano di risposta alla crisi umanitaria per i prossimi 120 giorni, attivando un team dedicato esclusivamente alla lotta all'epidemia.
Il piano si fonda sul potenziamento dei servizi sanitari nelle comunità, sulla fornitura di alimenti supplementari e sull'estensione dell'accesso all'acqua sicura.
Tra gli obiettivi del piano vi sono la fornitura di farmaci essenziali per il 70% della popolazione, la vaccinazione di 1,5 milioni di bambini, assistenza diretta a circa 250.000 bambini orfani (lo Zimbabwe ne ha il triste primato mondiale, con un bambino su 4 privo di genitori, principalmente a causa dell'AIDS), misure per incentivare il ritorno al lavoro di infermieri e insegnanti, una rete di centri nutrizionali nelle varie zone del paese e naturalmente una campagna di educazione al'igiene per la prevenzione del colera.
Tra i beni in via di distribuzione vi sono compresse al cloro per potabilizzare le scorte idriche per 3 milioni e mezzo di persone per circa sei mesi, sapone, guanti in lattice.

Ma la situazione rimane drammatica, in un paese devastato da una gravissima crisi economica (9 anni di record negativi) e sociale, da una pandemia di HIV/AIDS (il tasso di incidenza, al 16%, è uno dei più elevati al mondo) e dal collasso dell'agricoltura: nonostante la fertilità del suolo, a gennaio oltre 5 milioni di abitanti non avranno di che nutrirsi, tranne gli aiuti internazionali.

«Questa epidemia supera la nostra capacità di risposta, sta diventando endemica» prosegue il portavoce dell'UNICEF Zimbabwe. «Coloro che ne hanno i mezzi sono andati a farsi curare nel vicino Sudafrica.» Il risultato di tutto questo, per i bambini dello Zimbabwe, è una seria minaccia alla sopravvivenza, la mancanza di cure, di acqua e una ancor peggiore malnutrizione, oltre alla chiusura delle scuole.

«I bambini dello Zimbabwe sono sull'orlo del baratro» afferma il Rappresentante UNICEF nel paese, Roeland Monasch. «Adesso dobbiamo tutti concentrarci su un unico obiettivo: salvare le loro vite.»

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