Nel 2007 un rapporto dello UNFCCC, la Conferenza Onu che si occupa dei cambiamenti climatici, ha stimato che ogni anno carbone, gas e petrolio ottengono sussidi pubblici per un totale di 200 miliardi di dollari, pari al 64 per cento della spesa pubblica globale destinata all'energia. Le rinnovabili invece sono ferme al 3,2 per cento, per una spesa complessiva di 10 miliardi di dollari.
Alla vigilia della giornata internazionale dedicata ai mutamenti climatici, Legambiente e la CRBM presentano "I sussidi che fanno male al Pianeta" un documento in cui sette casi studio dimostrano come i finanziamenti pubblici a combustibili fossili e nucleare danneggino il clima e sfavoriscano il Sud del mondo.
Un meccanismo perverso quello dei sussidi, che costituisce uno dei principali ostacoli alla promozione di un sistema sostenibile. Se da un lato perpetua un modello con "danni collaterali" devastanti, soprattutto nei Paesi più poveri, dall'altro contribuisce a bloccare l'emergere delle energie rinnovabili, di sistemi sostenibili per la mobilità e di politiche per l'efficienza energetica, assicurando alle fonti tradizionali una convenienza economica che altrimenti non avrebbero.
È il caso dell'Italia, che ogni anno foraggia con miliardi di euro la produzione da fonti inquinanti e che ancora oggi continua a pagare il prezzo di una delle più vistose anomalie in tema di sussidi: il CIP 6. Solo nel 2006, attraverso questo meccanismo, sono stati prelevati direttamente dalle bollette oltre 4 miliardi di euro per finanziare l'elettricità prodotta da combustibili fossili. Una distorsione che a più riprese si è tentato di eliminare, ma che continuerà a produrre i suoi effetti fino al 2020.
"Bisogna subito porre fine al finanziamento con fondi pubblici e per la lotta alla povertà di investimenti nel settore dei combustibili fossili, a cominciare dai CIP 6 e dagli sconti ai grandi consumatori di energia elettrica e gas" ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza. "Vanno invece aumentati gli investimenti in tecnologie rinnovabili e di efficienza energetica anche nei Paesi più poveri, favorendo progetti di piccola scala, distribuiti sul territorio come solare, eolico e mini idroelettrico (inferiore a 10MW)" .
Gli impatti dei sussidi garantiti dall'Italia e dagli altri Paesi industrializzati non si limitano però ai confini delle economie più sviluppate. Protrarre lo schema di dipendenza dalle fonti fossili significa anche perpetuare i danni provocati a monte, nello sfruttamento delle risorse, per la maggior parte localizzate nel Sud del mondo e nel territorio delle repubbliche centro-asiatiche. Impianti estrattivi e di processamento, gasdotti, oleodotti, impianti per la liquefazione del gas, miniere e poi le nuove frontiere nello sfruttamento delle risorse di petrolio, come nel caso delle sabbie bituminose.
Tra le forme di incentivi che sfuggono alle statistiche Onu ci sono anche i cospicui finanziamenti a petrolio carbone e gas garantiti attraverso le agenzie di credito all'esportazione, o le istituzioni finanziarie internazionali come la Banca Mondiale o la Banca europea per gli investimenti (BEI), e spesso destinate a controversi progetti nei Paesi in via di sviluppo. A inizio 2008 le multinazionali del petrolio hanno dichiarato i profitti più alti nella storia del settore.
"Chiediamo che in Italia venga introdotta una moratoria sugli investimenti nel settore dei combustibili fossili per le operazioni finanziate e garantite dalla SACE, l'agenzia di credito all'export" ha dichiarato Elena Gerebizza della CRBM. "I nostri rappresentanti presso la Banca Mondiale, la Banca europea per gli Investimenti e nella Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo devono spingere affinché queste istituzioni pubbliche non eroghino più sussidi in favore dei combustibili fossili" ha concluso la Gerebizza.
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1. IdrocarburiNon esistono cifre ufficiali sull'entità dei fondi pubblici che finiscono per essere destinati dai governi dei Paesi industrializzati alle società petrolifere. Nel 2007 l'organizzazione statunitense Oil Change international ha stimato che tra il 2000 e il 2007 le società private nel settore del petrolio hanno beneficiato di oltre 61 miliardi di dollari di sussidi. Il Paese che ha versato più soldi pubblici sono gli Stati Uniti con 15,5 miliardi di dollari. Segue l'Unione europea, che attraverso la Banca europea per gli investimenti (BEI), e la Bancaeuropea per la Ricostruzione lo Sviluppo (BERS), avrebbe garantito almeno 16,5 miliardi di dollari.
2. Carbone
Per ogni kW/h generato da una centrale a carbone, anche nel caso sia dotata delle tecnologie più all'avanguardia,le emissioni di CO2 non sono inferiori ai 700 grammi. Una quantità superiore anche a quella riversata in atmosfera dalle vecchie centrali ad olio e pari a oltre il doppio rispetto ai 300 grammi di CO2 che si emettono per ogni kW/h prodotto da una centrale a gas efficiente.
3. NucleareÈ soprattutto grazie alle generose elargizioni pubbliche che l'elettricità prodotta dai reattori può rimanere concorrenziale sui mercati dei Paesi industrializzati. Prelevati dalle tasche dei contribuenti, i finanziamenti sono garantiti in tutte le fasi del processo.
4. Le banche internazionaliStime recenti dimostrano che nell'ultimo decennio più dell'80 per cento dei profitti derivati da investimenti della Banca Mondiale per l'estrazione petrolifera nei Paesi poveri è tornato indietro agli Stati donatori, dal momento che più dei due terzi del petrolio estratto nei progetti finanziati dalla Banca viene poi esportato e consumato nel Nord del mondo. Basti pensare che le dieci società petrolifere più grandi del Pianeta sono in testa alla lista delle imprese che hanno ricevuto più fondi dalla Banca negli ultimi 12 anni.
5. I consumiNei Paesi industrializzati il grosso dei sussidi è diretto alla produzione più che al consumo. A partire dal 2000 in Italia è stata introdotta una legislazione speciale che ha ridotto dell'85,2 per cento il carico fiscale dovuto dalle imprese con consumi di elettricità superiori a 1.200.000 KW/h al mese. Nello stesso anno si è previsto uno sconto del 40 per cento dell'imposta sul gas per imprese che consumano più di 1.200.000 metri cubi all'anno. Un regalo che, secondo le stime effettuate nel 2006 dalla Confartigianato è costato al fisco un ammanco di 7,4 miliardi di euro in soli quattro anni.
Alcune forme di sostegno ai consumi garantite in Italia
· Per una certa tipologia di imprese, tra cui il settore manifatturiero, quello estrattivo e quello agricolo, la fornitura dell'energia elettrica avviene con una riduzione dell'IVA al 10 per cento. (dati AEEGmarzo 2008).
· Tariffe agevolate per la fornitura di energia elettrica sono previste per le imprese nel settore dell'alluminio primario (Thyssen-Krupp, Acciai Speciali Terni, Cementir, Nuova Terni Industria Chimica e Alcoa) oltre che per le Ferrovie dello Stato e per i cosiddetti comuni rivieraschi. A sancirlo il decreto-legge N. 25 del 18 febbraio 2003, che proroga tale regime speciale fino al 2010.
· Una riduzione delle accise per le forze armate è stata confermata dalla legge finanziaria 2008.
· Accise ridotte nel consumo di gas sono garantite alle regioni del Mezzogiorno.
6. I trasportiAll'interno dell'Unione europea il trasporto è responsabile del 27 per cento dei gas serra rilasciati nell'aria e il 72 per cento di queste emissioni è generato dal trasporto su gomma. Il 73 per cento dei beni all'interno dell'Unione europea è trasportato su gomma, contro il 17 per cento appena di trasporto su rotaia. Negli ultimi 20 anni le emissioni di CO2 generate dai mezzi pesanti del Vecchio Continente hanno subito un incremento impressionante, oltre il 30 per cento. Mentre in n molti Stati, tra cui l'Italia, si tagliano i fondi destinati alle ferrovie e a sistemi più efficienti, l'autotrasporto rimane uno dei settori più sussidiati dai governi di tutta Europa, secondo una logica che aiuta a mantenere la dipendenza del vecchio continente da un sistema economico basato sullo sfruttamento dei combustibili fossili. Le forme di sostegno pubblico ai mezzi pesanti sono disparate a vanno dal rimborso dei costi del pedaggio autostradale, alla riduzione dell'Iva, a sconti su tasse e accise.
7. Ricerca e sviluppoSecondo le statistiche dell'Agenzia internazionale per l'energia (IEA), nel 2006 sono stati spesi nel mondo 10,9 miliardi di soldi pubblici per la ricerca e lo sviluppo in campo energetico. La parte del leone la fa la ricerca sul nucleare, che si è aggiudicata il 40 per cento delle sovvenzioni pubbliche, mentre in seconda posizione rimangono ben saldi i combustibili fossili, come carbone e petrolio, che hanno ottenuto il 12,2 per cento dei finanziamenti governativi alla ricerca.
Le rinnovabili sono in quarta posizione, dietro i progetti per l'efficienza energetica, e hanno coperto il 10,8 per cento del totale dei fondi destinati alla ricerca. Per quanto riguarda l'Italia, il dato più allarmante è il drastico calo delle sovvenzioni pubbliche alla ricerca sulle fonti pulite, crollate dai 144 milioni di dollari spesi nel 1984 ai 67 milioni dollari previsti nel 2006. Una riduzione che è andata di pari passo con l'aumento delle sovvenzioni per la ricerca sulle fonti fossili, passata dai 15 milioni di dollari ottenuti nel 1984 ai 53 del 2006.