Negli ultimi 15 anni, in termini percentuali, è aumentato molto di più il prezzo di un bicchiere d'acqua di rubinetto che, nonostante le galoppate del petrolio, quello di un chilowatt di luce. Tra il 1990 e il 2004, infatti, l'aumento dei prezzi dei servizi di pubblica utilità è stato inferiore al tasso d'inflazione, ma nello stesso periodo si è registrato un vero boom per acqua potabile e trasporti, mentre le telecomunicazioni sono state le più virtuose. A fare il confronto tra le varie tariffe dei servizi, dall'elettricità alle poste, è l'Autorità per le telecomunicazioni nella Relazione annuale sull'attività svolta nel 2004. Secondo quanto ha calcolato l'organismo di controllo su dati del ministero dell'Economia, nei tre lustri osservati l'indice dei prezzi dei servizi di pubblica utilità risultava inferiore a quello dei prezzi al consumo di circa il 13%, con un comportamento particolarmente virtuoso da parte dei servizi telefonici, il cui tasso è diminuito del 3%. Lo studio suddivide poi il periodo in due intervalli (1990-1998 e 1999-2004) e fornisce la crescita media annua delle tariffe nei vari settori, confrontate con l'andamento della media dei servizi (+3,1% nel primo periodo e +1,6% nel secondo) e con i prezzi al consumo (rispettivamente +4,1% e +2,4%). Ebbene, il servizio che presenta le percentuali di aumento più sostanziose è proprio l'acqua potabile, cresciuta nel primo lasso di tempo dell'8,6% annuo e nel secondo del 4,1%. Aumenti sostanziosi si registrano anche nei trasporti urbani, che nei primi 8 anni sono aumentati dell'8,7% e negli anni successivi del 3,4%. Nel primo intervallo l'unica voce che ha segnato un decremento frazionale è l'elettricità, diminuita dello 0,2%, ma cresciuta nel periodo successivo dello 0,8%. La telefonia, invece, ha subito un rincaro dell'1,5% nel primo periodo e un calo del 2,4% nel secondo. In generale, comunque, gli incrementi più forti sono avvenuti tra il 1990 e il 1998, con il +4,1% delle Ferrovie, il +3,7% del canone Rai e il +3,4% dei servizi postali. Nel secondo periodo preso in considerazione, invece, spiccano (a parte l'acqua e i trasporti urbani) il +2,4% del canone Rai e il +2% del gas. Altri dati sulla spesa nelle grandi città arrivano dalle associazioni dei consumatori: secondo il Codacons supermercati e ipermercati battono in convenienza i piccoli negozi e le botteghe di quartiere, con una differenza sulla spesa giornaliera che può arrivare oltre il 40%. È il caso di Milano, città dove la grande distribuzione fa risparmiare di più rispetto alle altre città d'Italia. L'associazione dei consumatori ha infatti messo a confronto i prezzi di un ipotetico carrello della spesa nella grande e piccola distribuzione di Milano, Roma e Catania. Al Nord la differenza tra supermercati e bottega è evidente, mentre il gap di prezzo diminuisce scendendo verso Sud. Al punto che nella città siciliana il rapporto quasi si inverte, con i negozietti di quartiere più economici dei grandi ipermercati.
Il Mattino, 24 luglio 2005