L'American Journal of Epidemiology, il più autorevole giornale internazionale di epidemiologia, pubblica questa settimana una ricerca italiana che propone un modello di prevenzione all'interno del nucleo familiare.
La saggezza popolare ci ha sempre detto che marito e moglie, dopo tanti anni vissuti assieme, finiscono per assomigliarsi. Ma la ricerca scientifica ci dice ora che questo non avviene solo nei modi di fare, magari nel carattere. I membri di una coppia, invece, finiscono per somigliarsi anche per cose molto più importanti: i fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. E si apre una nuova prospettiva per la prevenzione: curare la coppia e la famiglia anziché le singole persone.
Queste conclusioni sono il risultato di uno studio condotto dal Laboratorio di Epidemiologia Genetica e Ambientale dei Laboratori di Ricerca dell'Università Cattolica di Campobasso, appena pubblicato sull'American Journal of Epidemiology. I ricercatori molisani hanno preso in esame 70 ricerche scientifiche condotte negli ultimi anni in tutto il mondo e le hanno aggregate attraverso la metodologia statistica della meta-analisi, che permette di unire studi diversi ponendoli in un'unica visione complessiva, come se si trattasse di una ricerca unica. In questo modo è stato possibile esaminare i dati su oltre centomila coppie.
I risultati hanno permesso di osservare come i maggiori fattori di rischio per le malattie cardiovascolari siano effettivamente correlati tra i due componenti di una coppia. In altri termini, se uno dei due ha, ad esempio, il colesterolo alto, anche il partner tenderà ad avere una condizione analoga.
"Dobbiamo considerare - dice Augusto Di Castelnuovo, principale autore dello studio - che le malattie cardiovascolari non hanno una causa unica, ma sono dovute a molti fattori diversi, ognuno dei quali contribuisce in una certa misura a disegnare il rischio di ammalarci. Alcuni sono genetici, scritti nel DNA e quindi impossibili da modificare. Altri sono ambientali: l'abitudine al fumo, l'alimentazione, l'attività fisica, per citarne alcuni. Le coppie sono un modello eccellente per studiare il dualismo tra genetica e ambiente. Due persone sposate non hanno legami genetici, ma finiscono invece per condividere gli stessi stili di vita".
E proprio questi stili di vita condivisi arrivano a far sentire il loro peso. "Abbiamo chiarito - spiega Di Castelnuovo - che esiste una correlazione tra i due membri di una coppia per i più importanti fattori di rischio, come l'indice di massa corporea, un dato logico se consideriamo che condividono la stessa cucina. Oppure il fumo, un'abitudine che spesso i due sposi condividono. Ma anche la pressione sanguigna, il colesterolo, i trigliceridi, sono tutti elementi che abbiamo trovato correlati".
Naturalmente, di fronte a questi risultati, c'è una domanda che viene subito in mente: quelle correlazioni sono veramente dovute alla vita in comune? Oppure semplicemente le persone tendono a scegliere partner con le loro stesse abitudini? Insomma, il vecchio detto "chi si somiglia si piglia"? "E' un'ipotesi che abbiamo preso seriamente in considerazione - dice l'autore della ricerca - Per cercare una risposta, abbiamo analizzato se le correlazioni aumentano man mano che passano gli anni di convivenza. Se ciò avviene, allora i due partner, più che essere simili in partenza, lo sono diventati con la vita in comune. La nostra ricerca ha permesso di dimostrare che effettivamente esiste una certa influenza delle proprie abitudini nella scelta iniziale del partner. Possiamo ipotizzare che un non fumatore non sopporti una fumatrice, oppure che una ragazza un po'in sovrappeso vedrà con occhi più benevoli un ragazzo non proprio in forma. Però queste influenze iniziali non spiegano tutto ciò che abbiamo osservato. In altre parole, le abitudini che si acquisiscono con la vita in comune esercitano un effetto misurabile e reale, al di là delle somiglianze iniziali".
Non c'è solo una pura curiosità scientifica dietro questo lavoro. La correlazione dei fattori di rischio tra i due componenti di una coppia può infatti avere importanti ripercussioni sul piano della prevenzione. Migliorare l'alimentazione, usare meno sale, aumentare l'attività fisica, smettere di fumare, sono tutte decisioni che vengono meglio se prese in due. "Studi condotti in precedenza - dice Giovanni de Gaetano, Direttore dei laboratori di ricerca dell'Università Cattolica di Campobasso - hanno dimostrato che se si interviene su una persona riuscendo a farle cambiare stile di vita, anche il suo partner ne trarrà benefici. Le correlazioni da noi osservate rafforzano l'idea secondo la quale dietro ad un singolo paziente con pressione alta o colesterolo elevato, c'è un intero nucleo familiare, dove qualcun altro potrà sviluppare lo stesso problema. Se il medico saprà trattare e consigliare tutti i componenti della famiglia, i vantaggi verranno allora moltiplicati. E non solo per i pazienti, ma anche per il già troppo stressato Sistema sanitario nazionale."
Campobasso, 16 ottobre 2008
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