Una nuova terribile minaccia alla vita di Roberto Saviano, lo scrittore che ha affidato al romanzo Gomorra la denuncia più efficace e documentata delle dinamiche, delle connivenze, del sistema di potere basato sul terrore della camorra in Campania. Una testimonianza di grande valore civile, che ha messo Saviano nel mirino del clan dei casalesi.
L'altro giorno, l'ultima minaccia e una data: Saviano e la sua scorta devono morire entro Natale. I capi del clan hanno emesso la loro sentenza, sfidando ancora una volta lo Stato e decidendo la punizione esemplare per chi ha osato ribellarsi, diventando emblema della lotta alle mafie e all'omertà di quanti piegano la testa.

Saviano, col suo libro, ha osato indicare la strada della resistenza, in una guerra dichiarata dalle mafie allo Stato, che per troppo tempo non ha saputo o voluto cancellare la violenza, proteggere i suoi cittadini, ripristinare i diritti fondamentali in territori di cui ha perso il controllo.

Noi rispettiamo la scelta di Saviano di lasciare l'Italia, di riprendersi la propria vita, che oggi non è più libera. E tuttavia siamo convinti che la sua partenza sancirebbe la sconfitta di tutti coloro che in modi diversi hanno fatto della lotta alle mafie e dell'impegno per la legalità democratica una delle ragioni della propria esistenza. Tante organizzazioni piccole e grandi che ogni giorno promuovono con le loro attività coscienza civile.

Lunedì è partita da Roma la XIV Carovana antimafie organizzata da Arci, Libera e Avviso Pubblico. Attraverserà tutta l'Italia, per portare parole di speranza anche in quei territori che più si sentono abbandonati dallo Stato, per spiegare, soprattutto alle giovani generazioni, che le mafie possono essere sconfitte se tutti decidiamo di alzare la testa. Che un'alternativa è possibile, anche per chi non vede altra possibilità di futuro se non nell'illegalità.

Se Saviano lascerà l'Italia sarà la nostra democrazia a perdere. Con lui se ne andrà la speranza di riscatto di un pezzo di questo paese.

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