Dalle colonne de "Il Sole 24 Ore" arriva un dettagliato dossier sui ricongiungimenti familiari, con particolare riferimento al tema della kafala: la più alta forma di protezione dell'infanzia per i minori provenienti dai paesi del Maghreb.
Come rileva Giovanni Parente nell'articolo "L'orfano in affido può seguire chi lo ha accolto", pubblicato lunedì 13 ottobre, é stato il Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (CRC) a riportare l'attenzione sul tema e tentare così di aprire un varco per il riconoscimento di questo importante istituto del diritto islamico nell'ordinamento italiano. L'ultimo Rapporto del CRC rileva che "il tema del ricongiungimento familiare dei minori dati in kafala ai loro kafil stranieri residenti in Italia è di grande rilevanza per la sua portata attuale e futura. Perché il nostro paese si trasformi da mera terra di immigrazione in terra di accoglienza e di interculturalità, occorre tener conto anche dei bambini orfani o comunque privi di una famiglia che tramite la kafala si sono legati ad una famiglia islamica." La Corte di Cassazione, in una sentenza di marzo e una successiva di luglio, ha ritenuto che esistessero i presupposti per il ricongiungimento di una famiglia di origine magrebina residente in Italia con i minorenni marocchini accolti in kafala.
Ricordiamo che negli ordinamenti di diritto islamico la kafala è un istituto che consente a una famiglia o anche un singolo genitore (kafil) di adempiere al dovere di fratellanza e solidarietà nei confronti dei minori abbandonati e orfani (mafkul).
In più occasioni Amici dei Bambini ha chiesto che la kafala sia considerata come una peculiare misura di protezione dei minori abbandonati, tale da rendere il bambino in kafala titolare di ogni diritto. La kafala, secondo Ai.Bi., non dovrebbe essere paragonata semplicemente ai concetti di adozione o affidamento illimitato, ma sarebbe necessaria una valutazione di ampio respiro, in modo che gli istituti giuridici di diritto straniero possano comunque venire riconosciuti nel nostro paese nel momento in cui gli effetti sono sostanzialmente simili a quelli interni.