di Pierluigi Senatore E' appena rientrato dalla Bielorussia e dall'Ucraina, le due ex Repubbliche dell'Unione Sovietica sconvolte 19 anni fa dalla tragedia nucleare di Chernobyl, un gruppo di lavoro composto dai responsabili del Progetto Chernobyl di Legambiente, della Onlus Rock No War, del circolo reeggiano Fuori Orario e dal chirurgo pediatrico del Policlinico di Modena PierLuca Ceccarelli. <<Quando ci fu l'esplosione ero a Vietka avevo 14 anni e tirava un forte vento e dalle radio estere che abbiamo saputo dell'incidente. Le autorità locali ci hanno avvisato della catastrofe solo il 10 maggio dicendoci di non mangiare la carne, il latte i prodotti della terra. Di non fare bagni al fiume e di non stare troppo al sole perchè era molto pericoloso>>: è la drammatica testimonianza di Misha, uno dei sopravvissuti al fall-out radioattivo causato da un incidente nucleare che le autorità sovietiche tentarono di nascondere fino all'ultimo protetti da una "cortina", quella di ferro, che ormai stava sgretolandosi. Alla centrale di Chernobyl, in funzione fino al 2000, si arriva dopo aver passato innumerevoli posti di controllo e solo con un permesso speciale rilasciato dal Parlamento ucraino. Ad attendere all'ingresso della centrale la delegazione di Legambiente e Rock No War, due giovani e sorridenti guide che hanno il compito di far credere a chi arriva sul posto che non esistono più rischi reali e che le autorità ucraine stanno facendo di tutto per mettere in sicurezza il sarcofago che racchiude il "cuore malato" del reattore numero 4 che continua ad emettere le sue micidiali radiazioni. Attualmente nella centrale, quattro reattori spenti e due per i quali la costruzione è stata interrotta dopo l'esplosione dell'86, lavorano quotidianamente un centinaio di addetti. Per loro turni di 12 ore e poi due giorni lontani dalla centrale per abbattere le radiazioni. Complessivamente sono 3800 i tecnici che lavorano a Chernobyl con il compito di tenere sotto controllo la centrale la cui imponente mole incombe sulla vicina città di Pripyat, la "città" fantasma. Pripyat nel 1986 aveva 50mila abitanti: banche, un ufficio postale, scuole, negozi, un hotel, un luna park che non ha mai visto il volto sorridente e sognante di un bambino e una sola colpa? essere a 2 km in linea d'aria dal reattore maledetto. Pripyat che la retorica sovietica presentava come la città simbolo del trionfo tecnologico del comunismo, era stata fondata nel 1970 per ospitare i tecnici che lavoravano nella vicina centrale e le loro famiglie. Quella notte, mentre a poca distanza si stava compiendo la tragedia, gli abitanti stavano dormendo, forse qualcuno faceva l'amore oppure qualcun altro, nel suo letto, pensava alla giornata successiva, meditava sui sogni e fantasticava sul futuro; ma tutto, improvvisamente, è stato interrotto all'1 e 23 di quel sabato 26 aprile quando dopo una serie di errori umani il reattore numero 4 della centrale nucleare esplose. La città di Pripyat è l'emblema del disastro di Chernobyl. L'evacuazione dei suoi abitanti iniziò solo 36 ore dopo l'incidente. Fino al primo pomeriggio di sabato 27 aprile, la gente continuò nelle proprie attività. Tutto era normale, non fosse stato per la presenza di tanti poliziotti che lavavano le strade della città con uno strano liquido bianco. Poi, improvvisamente, in tre ore 1.110 bus giunti da Kiev evacuarono la popolazione, dicendo che sarebbe stato solo per tre giorni. Pripyat adesso è una città "morta", abbandonata dai suoi abitanti e dalla vita; una città fantasma che si trova all'interno della famigerata "zona morta" dove una natura rigogliosa, ma malata, ha preso il sopravvento. La tappa di Pripyat è stato il momento più "difficile" e "intenso" del viaggio fatto da Legambiente e Rock No War. A Pripyat la sosta è stata di poche decine di minuti, il tempo di guardare negli occhi i micidiali effetti del fall-out radioattivo, ma soprattutto per riflettere sulla pazzia dell'uomo nell'area rarefatta e surreale di quei luoghi spazzati da un vento implacabile che sembra volerci scacciare per non disturbare quella quiete innaturale. Ma anche fuori dalla cosiddetta "zona morta", la situazione non è delle più facili. A pochi chilometri, infatti, ci sono centri importanti dove la vita procede come se non fosse accaduto nulla: le scuole sono aperte, i pochi negozi e le poche fabbriche anche e la gente continua ad alimentarsi con i prodotti della terra che risultano ancora contaminati con valori superiori anche cento volte a quelli previsti e sopportabili dall'uomo senza conseguenze. Ma la semplice filosofia che sta dietro a questa scelta è molto semplice come ci dice Tamara, ritornata a vivere a Braghin, in Bielorussia, dopo anni passati in un anonimo palazzo della capitale: <<preferisco morire nella mia povera casa dove sono nata piuttosto che di fame, in miseria e in solitudine a Minsk>>. Si perché la Bielorussia del presidente Lukashenko non sembra dare molte possibilità con un'economia dove ancora sopravvive il modello sovietico dei piani quinquennali senza però la copertura dei servizi e del lavoro garantito che l'ex potenza comunista dava. Molte famiglie si stanno disgregando con i giovani che sognano, annegati nella birra e nella vodka, fortuna all'estero, mentre i più anziani, che ormai non sognano più, cercano anch'essi una via d'uscita attraverso l'alcool che già dalle prime luci dell'alba è ben presente su ogni tavola; a tutto questo si aggiunge l'esplodere dell'Aids che in certe realtà si sta diffondendo pericolosamente; oppure l'aumento incontrollato del diabete a causa dell'alimentazione e delle allergie per l'abbassamento delle difese immunitarie. L'unica speranza, ancora una volta, sono i bambini, quelli per i quali il Progetto Chernobyl di Legambiente, in sinergia con Rock No War e il Fuori Orario sta cercando di aiutare, non attraverso interventi a pioggia e casuali, ma con progetti specifici e mirati in particolar modo a far crescere nel popolo bielorusso una nuova consapevolezza. SITUAZIONE A 19 anni dal disastro nucleare di Chernobyl, in Ucraina, verificatosi nella notte tra il 25 ed il 26 aprile del 1986 a 12 chilometri dal confine con la Bielorussia, circa 7 milioni di persone sono ancora esposte al rischio contaminazione da isotopi a lungo decadimento. La maggiore fonte di pericolo arriva dal cibo prodotto nelle aree colpite dall'esplosione, in cui si registrano alte quantità di Cesio. Vittime maggiori di questa tragedia sono i bambini che, alimentati con carne, latte o cereali inquinati, sempre più spesso si ammalano di tumori tiroidei o sono affetti da immunodepressione. In quella lunga notte di 19 anni fa a Chernobyl era iniziato da poche ore uno sciagurato esperimento per calcolare il tempo di autonomia di funzionamento dei sistemi di emergenza del reattore 4 della centrale nucleare, quando un improvviso aumento della produzione di vapore provocò una violentissima esplosione ed il conseguente scoppio di un incendio. L'incidente, il più grave disastro nucleare ad oggi mai registrato, si verificò alle ore 01,23 e 44 secondi e per una strana situazione di venti, l'area più colpita fu la Bielorussia dove ancora oggi un quinto del territorio è contaminato. E' l'inizio di un disastro che ha provocato la morte immediata di 32 persone, di altre centinaia nelle ore successive, di ulteriori cinque milioni di individui sottoposti al fall-out radioattivo, ma un bilancio definitivo è impossibile da stilare tra omertà e documenti spariti. La nube radioattiva che si sprigionò investì in pochi giorni, dopo la Bielorussia e l'Ucraina, l'intero pianeta, dagli Usa alla Cina provocando un danno ecologico ed ambientale di proporzioni spaventose di cui, ancora oggi, si pagano le conseguenze. Secondo l'ONU i morti per cause direttamente collegate all'esplosione sono state finora 7000, ma gli scienziati giapponesi che dal 1945 studiano gli effetti delle radiazioni dopo le due bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki, stimano che il numero totale dei morti conseguenti al propagarsi delle radiazioni potrebbe aggirarsi attorno alle 200mila vittime e le sue nefaste conseguenze si potranno registrare fino alla fine di questo secolo. Le sostanze rilasciate nell'aria rimarranno ancora attive per anni: lo stronzio 90 e il Cesio 137 ancora per un'altra decina di anni; mentre il plutonio sarà attivo per ventiquattromila anni prima di perdere il suo carico di pericolosità. I più colpiti sono i bambini che rischiano di crescere con gravi deformazioni o con complicazioni che potrebbero manifestarsi in età adulta sotto forma di tumori, leucemie, alterazioni della tiroide. Nei bambini tra i 6 e i 15 anni l'incidenza del cancro alla tiroide dopo il disatro del 1986 è aumentata di dieci volte e gli altri tipi di tumore hannno subito la stessa tendenza. E fra qualche anno i bambini nati all'indomani dell'esplosione, si sposeranno e avranno figli e forse solo allora comprenderemo la tragedia che si è consumata in quella notte di primavera. Il reattore numero 4 di Chernobyl rimane un monito così come le altre grandi catastrofi ambientali che in questi decenni hanno sconvolto il pianeta; un monito che però appare sempre più inascoltato con le grandi potenze e i Paesi ricchi impegnati a distribuirsi la torta del petrolio iracheno. Una tragedia, quella di Chernobyl che potrebbe ripetersi a breve visto che il sarcofago di cemento che ricopre il quarto reattore della centrale nucleare di Chernobyl sta cedendo e le radiazioni contnuano ad uscire con il loro carico di morte. La centrale nel 2000 è stata chiusa, ma rimane una bomba ad orologeria per l'intera umanità. PROGETTO Da sei anni il Coordinamento Regionale Legambiente Solidarietà Emilia Romagna è impegnato nel sostegno al Reparto Pediatrico Chirurgico dell'Ospedale Regionale di Gomel, con la periodica consegna di medicinali e attrezzature chirurgiche ad uso pediatrico, per un valore totale di oltre 80.000,00 Euro. Il territorio della Regione di Gomel risulta essere il più contaminato di tutta la Bielorussia; vaste aree sono state evacuate ma ancora oggi centinaia di migliaia di persone vivono in zone compromesse, alimentandosi con cibo contaminato. La scelta di operare con questa struttura è legata al rapporto di conoscenza e di fiducia che si è creato con il personale medico del Reparto che opera non solo per la città ma funge da punto di raccolta dei bisogni e da strumento di formazione per gli operatori dei presidi sanitari di villaggio. Oltre all'invio di medicinali ed attrezzature mediche utili per fare fronte all'emergenza è stata attivata in questi ultimi due anni un progetto di formazione finalizzato al trasferimento di competenze e conoscenze del personale medico della struttura sanitaria Bielorussa. Il futuro del progetto Gomel, attraverso la collaborazione dell'Azienda Ospedaliera Policlinico di Modena prevede la realizzazione di una sala per la terapia intensiva post-operatoria a favore dei bambini residenti in zone contaminate. Questo nuovo intervento, che sarà realizzato entro l'anno 2005 sarà sostenuto di Rock No War-onlus e dal Circolo ARCI Fuori Orario di Gattatico. Ad oggi i piccoli pazienti che necessitano di cure ad alta intensità vengono collocati nell'unica sala disponibile insieme a pazienti adulti. La realizzazione di una sala appositamente attrezzata per i piccoli pazienti consentirà di ridurre la percentuale di decessi post-operatori dei bambini, concorrendo concretamente a garantire ai piccoli il diritto alla salute e alla vita. Il costo totale del progetto, totalmente finanziato dal Circolo ARCI Fuori Orario è pari a ? 60.000,00. Maggiori informazioni all'indirizzo www.rocknowar.it SCHEDA Data incidente: 26.04.1986 (esplosione del quarto reattore) Conseguenza dell'esplosione: Proiezione all'esterno di 35 tonnellate di combustibile nucleare. La colonna degli elementi radioattivi dispersi si è alzata a due chilometri d'altezza e si è dispersa per un raggio di 1.200 Km. Livello di radiazioni pari a 20 milioni di curie equivalente ad un miliardo di Giga Beckerel (200 volte superiore a Hiroshima e Nagasaki; Area contaminata: 155.000 kmq (un'area grande due volte l'Irlanda fra Bielorussia, Russia, Ucraina); Paese più coinvolto: Bielorussia (70% di ricaduta radioattiva; 23% del territorio contaminato, fra cui il 20% del territorio boschivo e 3.000 kmq di terreno agricolo; danno economico valutato in 200 miliardi di $ USA); Persone coinvolte: 10.000.000; Persone evacuate definitivamente: 400.000 (l'area compresa in un raggio di 30 Km dalla centrale, grande come l'Olanda, è completamente evacuata ed inabitabile); Liquidatori (addetti al controllo degli effetti dell'esplosione) impegnati: 800.000 (10.000 morti, 400.000 affetti da patologia tumorale); Vittime (dirette ed indirette) dell'incidente: 3,2 milioni (di cui un terzo bambini) Persone decedute a tutt'oggi a causa dell'incidente: 200.000 Durata degli effetti dell'esplosione: centinaia di anni a causa dell'azione del Cesio, dello Stronzio, del Plutonio (il Plutonio ha un'emivita di 14.000 anni; il ritorno all'originaria situazione dei terreni contaminati dal Cesio 137 è prevista fra 300 anni); La situazione in Bielorussia (10.000.000 di abitanti) SITUAZIONE SANITARIA: 11.000 casi di cancro tiroideo nei bambini aumento esponenziale delle patologie da immunodeficienza cancro ai polmoni passato da 6 a 7,5 casi su 100.000 persone tumore alla vescica da 5,5 a 19,7 casi su 100.000 persone tumore ai reni aumentato di 2,5 volte in 7 anni passaggio delle leucemie da 9,34 a 11,52 casi su 100.000 bambini mortalità prossima al 14 per mille 2.500 nascite annuali con anormalità genetiche (3% dei nati) 500 aborti non spontanei per presenza anomalie picco delle conseguenze genetiche previsto, dagli esperti dell'ONU, fra il 2006 ed il 2010 quando coloro che erano bambini all'epoca dell'incidente cominceranno a procreare; SITUAZIONE SOCIALE: tasso di povertà infantile aumentato del 150% rispetto ai tassi globali di povertà stipendio medio mensile: 50/70 $ USA; aumento dell'alcolismo e dei casi di Aids (legati alla tossicodipendenza); aumento delle patologie della povertà (tubercolosi e difterite). LO STATO ATTUALE DELLE COSE: 15.12.00: chiusura definitiva dell'ultimo reattore funzionante presenza di 1.000 mq di crepe sul sarcofago che ricopre il reattore esploso. Da esse fuoriescono costantemente polveri e materiale radioattivi il sarcofago di contenimento è stato costruito utilizzando, oltre le parti rimanenti del reattore esploso, 300.000 tonnellate di cemento e 1.000 tonnellate di strutture metalliche il peso sulle fondamenta del reattore esploso è aumentato di 10 volte (dalle 20 alle 200 ton/mq): il reattore è sprofondato di 4 metri lo sprofondamento del reattore ha messo in contatto il materiale radioattivo con le falde acquifere tributarie dei fiumi Pripiat e Dniepr che convogliano le loro acque nel Mar Nero e che fungono da bacino idrico per 30 milioni di persone (ad aggravare la situazione vi è la presenza di 800 siti di smaltimento di scorie radioattive, allestiti in emergenza subito dopo l'esplosione) all'interno del sarcofago sono presenti: 180 tonnellate di combustibile e pulviscolo radioattivi, 11.000 metri cubi e 740.000 metri cubi di macerie altamente contaminati. La radioattività totale supera i 20 milioni di curie la centrale è costruita su terreno sismico il rischio di esplosione è elevato.

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