E' in corso a Genova il processo penale a carico dei coniugi Alessandro e Chiara Giusto, imputati, insieme al parroco di Cogoleto, per sottrazione di minore ovvero di Vika, bielorussa di 10 anni. Imputati nel processo, a vario titolo, anche i genitori di Alessandro Giusto, la suocera e il canonico Francis Darbellay, responsabile del convento dove la piccola rimase insieme alle cosiddette "nonne".
La "fuga" bambina, avvenuta nel settembre 2006, fu in grado di scatenare una crisi nelle relazioni diplomatiche tra Italia e Bielorussia: la bambina, all'epoca dei fatti adottabile, da tempo frequentava la famiglia Giusto durante le vacanze nell'ambito dei cosiddetti viaggi solidaristici, regolati in Italia da Linee Guida espresse dal Comitato minori stranieri. Dal 7 al 27 settembre di due anni fa fu tenuta nascosta in un convento in Val d'Aosta perché, dopo aver dichiarato di aver subito violenze in istituto, aveva espresso alla famiglia Giusto il desiderio di non tornare più in Bielorussia. Dopo 20 giorni di attenzione mediatica e di tensione tra i due paesi, incrementata da reazioni di associazioni che si occupano da anni di questo tipo di soggiorni, Vika fu rimpatriata e tornò in Bielorussia, ospite di una casa famiglia dove si trova tutt'ora, insieme a un fratello.
Il parroco di Cogoleto, don Danilo Grillo, ha dichiarato in tribunale che Vika "stava chiedendo aiuto" così che ha definito il suo appoggio alla famiglia non tanto "una sfida allo Stato" quanto "la presa di coscienza che qualcosa di grave era accaduto alla bambina".
In aula ha anche deposto la psicologa Maria Rita Parsi, presidente della Fondazione Movimento Bambino, come sostegno di appoggio alle prove tecniche presentate dai Giusto. "La fuga - ha detto la psicologa - è stata una maniera formalmente non consona alle regole legali ma forse rispettosa dei codici umani e dei bisogni della bambina che si sentiva accolta con affetto e difesa come non le capitava di essere da sempre". Rispondendo al pm sul fatto che tutta la situazione legata alla fuga le può aver causato stress, la professoressa Parsi ha risposto: "Era con i 'nonni' che la proteggevano e aveva la prospettiva di una soluzione al problema. E' anche uno stress essere accolti e poi tornare in certe situazioni".
Amici dei Bambini all'epoca dei fatti era intervenuta nel processo civile con un "intervento adesivo di terzi", in quanto associazione di tutela dei minori in stato di abbandono, quale di fatto Vika era. Il tribunale civile di Genova accolse l'intervento, riconoscendo l'organizzazione portatrice di interessi diffusi, unico caso in Italia in cui una è stata legittimata a intervenire in giudizio, in questo caso a fianco del minore. Si è trattato di sostenere le ragioni del minore senza chiedere risarcimento ma solo rafforzando in un certo senso la posizione della bambina. L'associazione presentò inoltre un esposto al Comitato Minori stranieri chiedendo una revisione delle Linee Guida che regolano appunto i viaggi di bambini e adolescenti da paesi stranieri in via di sviluppo: secondo AiBi questo tipo di soggiorno non deve essere concesso ai bambini orfani e adottabili - come Vika -, in quanto per loro deve essere perseguita la strada della famiglia e quindi dell'adozione (nel loro paese o in uno straniero); sono invece da favorire per quei minori che hanno la famiglia nel loro paese ma che possono beneficiare di questi viaggi per varie ragioni (salute, istruzione, scambi culturali).
AiBi pubblicò anche un libro, "Maria e i bambini contesi" (Ancora editrice) in cui si tentava di comprendere, al di là dei fatti di cronaca e del merito della vicenda, quali e quanti diritti erano stati negati a Vika, in primis quello alla famiglia (Vika era appunto adottabile e i coniugi Giusto avevano da tempo fatto richiesta di diventare genitori).
Ora che il processo penale è in corso, non sono certo svaniti gli interrogativi.
"Se è un processo per accertare le responsabilità di quanto accaduto - ha detto il presidente di AiBi Marco Griffini - domandiamoci appunto chi è più responsabile. Non ci siamo forse scaricati la coscienza, da italiani, rimpatriando la bambina come una criminale, senza arrivare al nocciolo della questione e senza risolvere i mille casi Vika che continuano a riproporsi ogni anno?"