Nel 2003, le persone senza dimora o in difficolta' che si sono rivolte al centro di ascolto di Via Marsala (in valore assoluto circa 4000), richiedendone l'intervento, sono stati per un 34,7% giovani di eta' compresa tra i 18 ed i 35 anni; per un 58,6% adulti di 36-65 anni; infine, per un 7% circa anziani di oltre 66 anni. Oltre due terzi di tutta l'utenza e' costituita da uomini. Se il 62,1% degli utenti del 2003 e' privo di qualsiasi reddito, vive solo, in luoghi di fortuna (strada, portoni, garage, androni), non ha un'occupazione (nemmeno in nero) perche' ha perso il proprio lavoro e non puo' contare su reti familiari di sostegno; un 37,9% circa ha un reddito da lavoro, da pensione o derivante da altri generi di aiuto. Di questo 38% circa, il 12% e' costituito da persone con redditi da lavoro basati su contratti prevalentemente di tipo temporaneo (60% di loro) in posizione di dipendenza, che vivono con il coniuge o un compagno e dei figli in affitto o subaffitto, e solo in rari casi usufruiscono di sussidi sociali (5%). Per un altro 15% sono anziani che vivono con pensioni da lavoro e di invalidita'; poco piu' del residuo 10% vive con sussidi sociali e aiuti di amici, conoscenti o familiari. E' questa la morfologia dei ''nuovi poveri'': nuclei familiari e anziani soli. Mai come negli ultimi anni, ed il 2003 ne e' un esempio emblematico, i nuclei familiari si erano affacciati ai centri della Caritas della Capitale. Il dato e' contenuto nel quarto Rapporto su disagio e poverta' a Roma, realizzato dalla Caritas Diocesana, che e' stato presentato questa mattina da mons. Guerino Di Tora. Si assiste cosi' al lento ma inesorabile collasso della famiglia, le cui condizioni socio-economiche vanno peggiorando, traducendosi in richieste di aiuto alimentare (pacchi viveri) e di alloggio. Oltre un terzo (31,3%) di coloro che percepiscono un reddito da lavoro non hanno unadimora stabile. Vivono in alloggi di fortuna da soli o con i propri familiari. Dei rimanenti due terzi (68,7%), che una dimora ce l'hanno, solo un quinto vive in affitto; gli altri si adattano a vivere in alloggi collettivi in regime di occupazione, in comunita', presso amici o con altri nuclei non parentali. Al problema delle famiglie si lega, poi, quello dei giovani e degli anziani. Le condizioni difficili in cui molte famiglie si trovano, oggi, a dover ''tirare avanti'' rendono piu' fragili i legami interni al nucleo. Le crisi familiari sono, spesso, all'origine delle ''fughe'' di giovani tra i 18 ed i 25 anni, il cui equilibrio emozionale ed affettivo ha subito uno scossone. Nel 2003 i giovani di eta' compresa tra i 18 ed i 35 anni che si sono rivolti ai centri Caritas sono stati il 34% dell'utenza complessiva. Per il 74% sono celibi o nubili, piu' maschi che femmine, e quasi tutti con un titolo di studio di medio livello (licenza media e superiore). Il 40% dei senza fissa dimora incontrati dagli operatori della Caritas ha proprio questa eta', e la percentuale balza al 57% se il dato si rapporta ai giovani di quella stessa eta'. Circa il 7% degli utenti del 2003 erano persone con piu' di 65 anni, presenti soprattutto nel centro di accoglienza di Ponte Casilino: piu' uomini che donne, persone prevalentemente sole (circa il 70%), con una rete familiare molto debole, e per i quali gli operatori dei servizi si adoperano per provvedere all'inserimento in residenze di riposo comunali o convenzionate o, in caso di problemi sanitari, in residenze sanitarie assistite. Infine, non ultimo, il disagio delle donne sole con figli. Un fenomeno tutto al femminile. Le evidenze dei dati raccolti, associate all'esperienza maturata da alcuni anni dalla Casa di Cristian e dal centro di ascolto Caritas su questo fenomeno emergente, consentono di descrivere almeno i contorni di questo delicato problema sociale. Ben l'88% degli utenti che vivono soli con figli sono donne; il 58% e' nubile, il 35% proviene daun'esperienza di separazione o divorzio. Il 62% delle utenti riconduce proprio alla perdita del proprio coniuge o compagno, in seguito ad un lutto o ad una separazione, l'origine del proprio stato di difficolta' ed indigenza. Sono donne senza un'occupazione, prive di qualsiasi fonte di sostentamento. Quasi un terzo di tutte le persone che vivono sole con figlio a carico sono prive di una dimora stabile. Donne con bambino che le unita' di strada incontrano di notte mentre dormono in auto sgangherate o avvolte in coperte sotto ponti e porticati. Non e' migliore la sorte di coloro, e sono la maggior parte, che un tetto sulla testa ce l'hanno. Vivono in affitto, spesso insieme ad altri nuclei che neanche conoscono, ma di cui condividono l'indigenza; a volte ospiti di amici e, se fortunate, di parenti. Ma cosa c'e' alla radice del disagio e dei processi di esclusione sociale? Massimo comune denominatore tra gli utenti Caritas, la solitudine: uomini e donne, adulti, tra i quaranta ed i cinquant'anni con un vissuto ''normale'', per i quali puo' bastare una separazione particolarmente critica, la perdita del lavoro di una vita, dei propri risparmi, l'insorgere di una malattia, la scoperta della tossicodipendenza del proprio figlio per innescare un processo di graduale cedimento strutturale della personalita' che puo' sfociare in disturbi patologici come l'alcolismo e la depressione. Da qualche anno a questa parte le separazioni familiari sono andate sempre piu' segnando la storia di molte delle persone che si sono affacciate ai centri Caritas. Il 39% degli uomini contro il 31% delle donne riconduce l'inizio del proprio processo di esclusione a questo evento. Un altro evento critico che si colloca alla radice di molte ''carriere di poverta''' e' la perdita del lavoro o, comunque, della principale fonte di sostentamento (il 62% degli uomini contro il 59% delle donne). Il mercato del lavoro negli ultimi dieci anni e' indubbiamente cambiato. La societa' post-industriale si caratterizza sempre piu' per la sua vocazione terziaria e per il dominio della tecnologia in ogni area di sviluppo economico. A cio' si aggiunga la trasformazione delle forme contrattuali di lavoro: il lavoro ''fisso'' e' diventato un oggetto di antiquariato, un reperto archeologico, per lasciare spazio a rapporti di lavoro flessibili, legati al compimento di ''progetti'' delimitati nel tempo e nello spazio. C'e' poi un altro fronte del disagio ancora aperto: l'impoverimento connesso con l'insorgere di malattie psico-fisiche. In questo caso sono le donne a presentare una criticita' maggiore rispetto agli uomini: rispettivamente il 23,9% contro il 20,6%. Purtroppo, a vent'anni dalla legge 180, la persona con disturbi psichici continua ad essere un soggetto itinerante da una struttura all'altra del territorio, senza alcuna possibilita' di inserirsi nel tessuto sociale della citta'. Infine, le esperienze detentive. Sono soprattutto gli uomini (13%) a ricondurre a tale evento l'origine del proprio impoverimento.
Vita, 27 giugno 2005