L'omicidio di Abdul Salam Guibre avvenuto due giorni fa a Milano è la conseguenza di un clima culturale che si sta pericolosamente diffondendo nel Paese e che rischia di farci piombare nella barbarie. Un clima in cui sembra che chiunque si senta autorizzato, per il più futile dei motivi, a farsi giustizia da sé.

Nel grave episodio di Milano non possiamo non attribuire una responsabilità alle amministrazioni locali e agli esponenti del mondo politico che, soffiando sul fuoco dell'intolleranza e in nome della sicurezza, hanno condotto una vera e proprio guerra alla pacifica convivenza al solo scopo di raccogliere facili consensi su un tema complesso come l'immigrazione.

Come abbiamo detto più volte si vuole alimentare "la sindrome del nemico". Si fornisce un facile capro espiatorio individuando il problema nel diverso, nel cittadino più debole, per sopperire all'incapacità di proporre soluzioni al disagio, all'emarginazione, alla povertà in cui stanno scivolando tante famiglie italiane.

Siamo solo all'inizio!
Quello di Milano rischia di essere soltanto uno dei tanti episodi di violenza figlio di questa scellerata strategia. Il rogo di Ponticelli contro i rom, le aggressioni a cittadini gay, a militanti di sinistra e a tanti cittadini stranieri sono la conseguenza ovvia della campagna di criminalizzazione del disagio sociale.
Le ordinanze contro lavavetri, mendicanti e prostitute, la schedature su base etnica, i commissari straordinari, i pacchetti sicurezza e la corsa a chi è più intransigente con il disagio sociale, hanno conseguenze concrete di cui, purtroppo gran parte del mondo della politica e della stampa non sembra essere consapevole.

L'Arci, assieme a tante associazioni e organizzazioni antirazziste milanesi, è tra i promotori dell'appello che indice per sabato 20 settembre, alle ore 14.30, a Milano una manifestazione che partirà da Porta Venezia per dire no alla violenza xenofoba e razzista.
Chiediamo a tutti i cittadini che non si riconoscono nell'ideologia sicuritaria di essere lì con noi per chiedere che questa escalation di violenza e di odio venga arrestata, per ribadire che non ci riconosciamo in un paese che adotta politiche di esclusione e repressione dei più deboli.

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me e non c'era rimasto nessuno a protestare.

Questo testo di Martin Niemöller, e ripreso da Bertold Brecht, lo vorremmo dedicare a quanti in Italia sono d'accordo con chi propone l'idea di città chiuse e intolleranti, chiedendo loro: siete proprio sicuri che prima o poi non toccherà a voi?

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