"Il nuovo ministro della Giustizia giapponese deve rivedere con urgenza le proprie scelte in materia di pena di morte, all'indomani dell'impiccagione di Mantani Yoshiyuki, Yamamoto Mineteru e Hirano Isamu" - ha dichiarato oggi Amnesty International.
Con quelle di ieri, il numero delle impiccagioni nel 2008 è salito a 13. Si è trattato delle prime condanne a morte eseguite dall'insediamento, il 2 agosto scorso, del nuovo ministro della Giustizia Yasuoka Okiharu. Esse rappresentano l'ulteriore prova dell'intenzione del Giappone di proseguire nell'applicazione della pena capitale.
Nel 2007, in Giappone c'erano state nove impiccagioni. Quell'anno, secondo i dati in possesso di Amnesty International, solo 24 paesi avevano eseguito condanne a morte. Tra gli Stati membri del G8, il Giappone e gli Usa sono i soli ad avere un sistema capitale in funzione.
Attualmente nei bracci della morte del Giappone si trovano 102 prigionieri. Le esecuzioni avvengono tramite impiccagione e di solito in segreto. I condannati a morte vengono informati solo poche ore prima dell'esecuzione, i parenti vengono a saperlo una volta avvenuta. Concluso il processo d'appello, i condannati a morte possono aspettare anni o anche decenni prima dell'esecuzione, vivendo, in questo modo, nella costante paura di essere messi a morte.
Amnesty International sollecita il Giappone ad adottare una moratoria sulle esecuzioni come primo passo verso l'abolizione totale della pena di morte e a porre fine alla segretezza che circonda il sistema della pena capitale.
Per approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361,
e-mail:
press@amnesty.it