Roma, 29 agosto 2008 - Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani aderiscono alla giornata di digiuno e preghiera programmata per domenica 7 settembre dalla Conferenza episcopale indiana in reazione alle gravissime violenze nei confronti dei cristiani nello Stato dell'Orissa. Una
forma di protesta pacifica e non violenta scelta coraggiosamente dai vescovi nel solco della tradizione indiana del
dharna, per richiamare l'attenzione della comunità nazionale e internazionale sulle tragiche vicende di queste ore e pregare insieme - nelle parole del cardinale Varkey Vithayanthil - 'per l'armonia tra le religioni e la pace in India'.
«Le violenze di questi giorni contro le comunità cristiane non possono essere passate sotto silenzio - afferma il presidente nazionale delle Acli
Andrea Olivero -. E' in gioco, in questo grande Paese e in tutto il mondo, la libertà di vivere e manifestare la propria fede religiosa, contro ogni fondamentalismo. Gli omicidi, le distruzioni di chiese e le razzie in conventi e abitazioni, che hanno spinto decine di migliaia di persone ad abbandonare i propri villaggi, ci mettono di fronte ad una violenza cieca, che può essere arrestata solo da un intervento forte del governo indiano, fino ad oggi assente, che deve essere richiesto con forza da tutta la comunità internazionale. Infine la comunità cristiana, ovunque sia presente, deve sentirsi chiamata a condividere le sofferenze dei propri fratelli perseguitati».
«Le Acli - continua Olivero - si sono sempre schierate a fianco di chi lotta pacificamente per affermare la propria identità e la propria fede, dai tanti migranti nel nostro Paese fino ai monaci birmani. Chiedono quindi ai propri associati e a tutti i cittadini che condividono i valori della pace e della libertà di unirsi al digiuno promosso dalla Conferenza episcopale indiana per la giornata di domenica 7 settembre. Un gesto di forte valenza sociale, perchè attraverso la propria personale testimonianza si chiede un cambiamento della realtà, un atto di giustizia, ed al contempo si esprime la vicinanza e condivisione con le vittime della violenza. Come cittadini e come cristiani non possiamo rimanere spettatori del male: il digiuno e la preghiera sono per noi atti concreti, politici e spirituali, per dare testimonianza, anche in questo momento buio per la Chiesa indiana, della nostra speranza».