Dall'articolo di Paolo Conti di giovedì scorso si apprende che talebani sarebbero coloro che si oppongono ai parcheggi del Pincio a Roma, di Sant'Ambrogio e della Darsena a Milano. Fra cinquant'anni i posteri si domanderanno invece come si è potuto lasciare il destino delle città in mano ai talebani dell'automobile: un'accolita di svitati che hanno svuotato un colle romano, l'antico "porto" del sistema dei Navigli lombardi risalenti a Leonardo da Vinci, e il "cimitero dei martiri" che costeggia la più importante basilica milanese, per alloggiare auto.

Vorrei quindi far partire una fatwa dalla madrassa di Italia Nostra (come è stata spiritosamente definita), per precisare che in gioco non sono solo i resti archeologici eventualmente presenti, ma l'opportunità di portare nuovo traffico nei nostri già congestionati centri storici. La Darsena di Milano, per fare l'esempio più eclatante, ospiterà mille posti auto a rotazione, che com'è noto vanno moltiplicati per cinque per avere un'idea del traffico che genereranno quotidianamente. Gli ultimi orientamenti dell'amministrazione milanese sono, a lavori terminati, di coprire il tutto non più con uno specchio d'acqua ma con un prato!

Che i parcheggi riservati ai residenti, come sulla carta sarebbe quello del Pincio, "toglierebbero le automobili dalle strade" è pura superstizione: a ogni nuovo parcheggio realizzato a Milano fioccano i cartelli di "affittasi". E le strade non si liberano. Non possono liberarsi, perché il vero nodo da affrontare è che il tasso di motorizzazione di Milano e Roma è di 6-7 auto ogni 10 abitanti, contro i 3 su 10 di Londra, Amsterdam e Berlino e i 4 su dieci di Parigi e Vienna. Strano che gli eminenti intervistati, da Cacciari a Fuksas, non si accorgano che quello dei parcheggi in centro è business, non urbanistica. Ma i due termini in Italia sono diventati sinonimi.

Luca Carra
presidente Italia Nostra Milano

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