Proponiamo di seguito una puntuale recensione del volume “Raccolta fondi
e welfare di prossimità. Fundraising e people raising per le
professioni del sociale” curato da Luciano Zanin, direttore scientifico
di ConfiniOnline, per il LISES - Laboratorio per l’Inclusione e lo
Sviluppo Educativo e Sociale dello IUSVE (Istituto Universitario
Salesiano Venezia).
Raccolta fondi e welfare di prossimità. Fundraising e people raising per le professioni del sociale. (Scopri di più su:
http://www.labsus.org/2015/06/la-cassetta-degli-attrezzi-del-perfetto-fundraiser/)
Alessandra Feola “Raccolta
fondi e welfare di prossimità. Fundraising e people raising per le
professioni del sociale” è un volume edito da libreriauniversitaria.it e
curato da Luciano Zanin, presidente di ASSIF Associazione Italiana
Fundraiser. Il libro in maniera chiara e sintetica illustra quali sono
le principali tecniche e strategie da utilizzare per fare raccolta fondi
per un’organizzazione non profit, e pone le basi per un ripensamento
del ruolo del fundraiser all’interno di un contesto di community
welfare.
Il fundraiser quindi tramite la comunicazione mette in
comune e condivide il valore intrinseco dell’organizzazione non profit.
Si fa creatore di reti e relazioni e mette in comune il capitale non
monetario dell’organizzazione non profit per consentirle di raggiungere
la propria missione sociale
Il volume è una vera e propria
cassetta degli attrezzi per chi vuole fare fundraising e people raising
per le organizzazione del non profit. Il testo è stato scritto a più
mani da un gruppo di studiosi ed esperti: Luciano Zanin appunto, insieme
a Michela Zaffonato, Davide Moro, Laura Lugli, Paolo Duranti,
Bernardino Casedei e Martina Visentin. Questo manuale del fundraiser
nasce nell’ambito del
LISES – Laboratorio per l’Inclusione e lo Sviluppo Educativo e Sociale,
la collana diretta da Vincenzo Salerno che fa capo al Corso di Laurea
triennale in Scienze dell’Educazione – Educatore Sociale dello IUSVE
(Istituto Universitario Salesiano Venezia).
L’obiettivo del LISES
è quello di studiare e analizzare il mondo del terzo settore fornendo
anche gli strumenti necessari al non profit per affrontare al meglio le
sfide e i cambiamenti sociali ed economici in corso. E per questo motivo
arriva un intero volume dedicato al fundraising e people raising, ossia
alla raccolta di fondi e alla mobilitazione di volontari, che possano
supportare l’attività dell’organizzazione non profit per il
raggiungimento della propria missione sociale. Si tratta di uno degli
aspetti che molto spesso vengono ignorati o poco curati all’interno
delle numerose attività portate avanti dalle organizzazioni non profit,
ma che rappresenterà sempre di più un fattore strategico e di
sostenibilità nel lungo periodo.
Infatti la diminuzione delle
risorse pubbliche sta spingendo le organizzazioni non profit a dover
immaginare nuovi modelli e servizi che possano consentire di creare una
nuova relazione con i propri donatori, sostenitori e destinatari. Gli
autori ricordano infatti che la prima regola del fundraising è “le
persone donano a persone per aiutare persone”. Questa visione fortemente
umanista è forse l’aspetto più interessante del volume, che tiene
sempre ben in mente al lettore che oltre a tecniche e strategie, il
centro dell’attività del fundraising è la relazione.
Il community fundraiser
Gli
autori propongono un nuovo approccio alla figura del fundraiser. Esso
non deve essere soltanto un esperto di marketing che applica sterilmente
le tecniche e le strategie convenzionali. L’aspetto più importante,
soprattutto per le organizzazioni non profit che hanno una missione
sociale da compiere, è che il fundraiser deve essere un vero e proprio
acceleratore di processi innovativi di organizzazioni e sistemi. A
questo si ricollega tutto il fenomeno dell’innovazione sociale, ossia
della creazione di “nuove idee (prodotti, servizi e modelli) che
rispondono a bisogni sociali e creano nuove relazioni e collaborazioni.
In altre parole, innovazioni che sono ‘buone’ per la società ma che allo
stesso tempo migliorano la capacità di agire della società” (Murray et
al. 2010).
Le organizzazioni non profit hanno al loro interno un
enorme capitale non monetario, che è il capitale sociale e relazionale,
una risorsa scarsamente disponibile nella nostra società e di cui tutti
vanno alla ricerca. Come giustamente fanno notare gli autori, la stessa
pubblicità ormai non mira più a vendere solo un prodotto, bensì
un’emozione, una relazione, un senso di identità. Le organizzazioni non
profit sono ricche di tutto questo, devono solo saperlo comunicare. La
comunicazione, dal latino cum (insieme) e munis (ufficio) significa
propriamente “comune” e “condiviso”.
Il fundraiser quindi
tramite la comunicazione mette in comune e condivide il valore
intrinseco dell’organizzazione non profit. Si fa creatore di reti e
relazioni e mette in comune il capitale non monetario
dell’organizzazione non profit per consentirle di raggiungere la propria
missione sociale. Tutto questo è possibile grazie allo speciale legame
che si crea tra il donatore che ha un bisogno/desiderio di donare e il
beneficiario che ha invece bisogno di aiuto per cambiare la propria
situazione. Gli autori mettono in evidenza come l’attività di
fundraising sia da affrontare in maniera molto professionale e con le
adeguate risorse in termini di competenze professionali dedicate.
Nonostante questo, visto anche il panorama italiano composto perlopiù da
piccole e piccolissime organizzazioni, ogni presidente di associazione o
dirigente di cooperativa sociale dovrebbe avere un bagaglio di
conoscenze sulle principali strategie di fundraising, sulle tecniche
maggiormente utilizzate e le norme che ne regolano il funzionamento in
Italia.
Gli autori invitano ad immaginare un futuro nel quale le
organizzazioni non profit, superati i pregiudizi molto spesso dannosi
nei confronti del denaro, possano serenamente praticare il fundraising
in questa nuova accezione, creando reti e relazioni, avviando
collaborazioni a livello locale, e vivendo il territorio come una
risorsa comune, con l’obiettivo di aiutare e sostenere i più deboli,
nell’ottica di fare impresa sociale seguendo i principi della
sussidiarietà orizzontale.