47 spiagge italiane monitorate. Più di
33mila rifiuti trovati. In media 714 rifiuti ogni 100 metri. Il 76%
degli oggetti trovati è di plastica. Situazione critica sulla spiaggia
di Coccia di Morto a Fiumicino (RM) e sulla spiaggia Olivella nel comune
di Santa Flavia (PA. A guidare la top ten dei rifiuti spiaggiati più
trovati: pezzi di plastica e polistirolo (22,3%),cotton fioc (13,2%) e
mozziconi di sigaretta (7,9%) Su www.legambiente.it/beachlitter la mappa
interattiva dei rifiuti, foto e infografiche spiaggia per spiaggia
Un tappeto multicolore verde, bianco, azzurro e rosa di rifiuti. È
quello che si trova su molte spiagge italiane, dove al posto delle
conchiglie a farla da padrone sono rifiuti spiaggiati, o gettati
consapevolmente, di ogni forma, genere, dimensione e colore come
bottiglie, mozziconi di sigarette, calcinacci, stoviglie usa e getta, e
poi tante bastoncini di plastica colorata, ciò che rimane dei cotton
fioc passati dal water per arrivare in mare e sulla spiaggia. È quanto
emerge dall’indagine “Beach litter” realizzata e curata per il terzo
anno da Legambiente che ha monitorato nel mese di maggio 47 spiagge italiane: un’area di 106.245 mq, pari a 800 campi di beach volley, dove sono stati trovati 33.540 rifiuti spiaggiati. In media 714 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia. Anche quest’anno regina indiscussa rimane la plastica: il 76,3% degli oggetti trovati è infatti di plastica,
seguita da mozziconi di sigarette (7,9%), rifiuti di carta (5,5%),
metallo (3,6%), vetro/ceramica (3,4%), legno (1,3%), rifiuti tessili
(1,2%) e gomma (0,8%).
A guidare, invece, la top ten dei rifiuti spiaggiati più trovati sono
tre piccoli ma pericolosi oggetti: al primo posto ci sono i pezzi di
plastica e polistirolo (22,3%), di dimensioni inferiori ai 50 cm, che
costituiscono quasi un quarto dei rifiuti trovati. Secondo posto per i
cotton fioc (13,2%) per un totale di 4412 pezzi, diretta conseguenza
della scorretta abitudine di “smaltire” questi rifiuti gettandoli nel wc
e dell'inefficacia degli impianti di depurazione. Terzo posto in
classifica per i mozziconi di sigaretta (7,9%): in particolare
l’indagine di Legambiente ne ha contati 2642, una quantità pari al
contenuto di 132 di pacchetti, il 3% in più rispetto all’indagine del
2015. Seguono nella top ten: tappi e coperchi (plastica e metallo) 7,8%,
bottiglie di plastica per bevande (7,5%), reti da pesca e acquacoltura
(3,7%), stoviglie usa e getta di plastica (3,5%), materiale da
costruzione (2,3%), bottiglie di vetro e pezzi (1,9%) e bottiglie e
contenitori di detergenti (1,8%). Rifiuti che fanno male all’ambiente,
alla fauna, all’economia e al turismo. Tartarughe marine, uccelli e
mammiferi marini possono restare intrappolati nelle reti da pesca e
negli attrezzi di cattura professionale oppure morire per soffocamento
dovuto all’ingestione accidentale di rifiuti (in particolare buste di
plastica) scambiati per cibo.
L’indagine
“Beach litter”, che rientra nell’ambito della campagna “Spiagge e
Fondali puliti - Clean-up the Med 2016” realizzata anche grazie al
contributo di Cial, Novamont e Virosac, è stata eseguita dai volontari
di Legambiente nel mese di maggio 2016. Le situazioni più critiche sono
state rilevate sulla spiaggia di Coccia di Morto a Fiumicino,
in prossimità della foce del Tevere, dove si accumulano i rifiuti
provenienti dal fiume. Qui Legambiente ha trovato il più alto numero di
rifiuti: oltre 5500 rifiuti in 100 metri. Dei rifiuti rinvenuti, il 67% è
imputabile alla cattiva depurazione, con la presenza di ben 3716 cotton
fioc e diversi altri articoli (deodoranti per wc e blister). Maglia
nera anche per quella di Olivella nel comune di Santa Flavia
(PA), con 1252 rifiuti in 100 metri di spiaggia, circondata e sfregiata
pesantemente anche da manufatti di cemento pericolanti. Importante
segnalare anche le spiagge invase dai rifiuti provenienti dalla pesca,
in particolare la spiaggia di Canovella de' Zoppoli a Duino Aurisina, Trieste, dove ben il 65% dei rifiuti trovati sono riconducibili a reti di mitili e la spiaggia sul Mar Piccolo a Taranto, nei pressi del Parco Cimino (con il 44% dei rifiuti riconducibile alla pesca).
“Il problema dei rifiuti spiaggiati e di quelli in mare - dichiara Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente
- rappresenta la punta dell’iceberg di un problema molto più complesso
che deve essere affrontato al più presto. Circa il 70% dei rifiuti che
entra a contatto con l’ecosistema marino affonda e solo il 15% resta in
superficie. Per questo è urgente mettere in programma azioni per la
progressiva riduzione dei rifiuti in mare e nella fascia costiera, come
previsto dalla Direttiva Europea Marine Strategy, che in Italia non sono
ancora state messe in campo. Il nostro Paese faccia la sua parte e
raccolga la sfida dell’obiettivo che impone la direttiva Marine Strategy
ai paesi membri: raggiungere il buono stato ecologico per i nostri mari
entro il 2020. Senza dimenticare che per contrastare l’abbandono
selvaggio dei rifiuti, è indispensabile un impegno comune e il
coinvolgimento delle amministrazioni e dei cittadini. La spiaggia e il
mare sono un bene comune da proteggere, e non una discarica a cielo
aperto. Per questo Legambiente questo week-end con Spiagge e Fondali
puliti invita tutti a partecipare alla grande pulizia delle spiagge,
delle scogliere e dei fondali in programma in tutta la Penisola”.
Nell’indagine
Beach litter i principali indicatori presi in considerazione sono: la
composizione del rifiuto e la sua quantità e grandezza (maggiore o
minore di 25 cm). Le aree di indagine sono state scelte in modo da
effettuare il campionamento su transetti di 100 metri di lunghezza di
spiagge libere e non ancora pulite in vista della stagione balneare.
Ogni singolo campionamento ha tenuto conto di uno specifico protocollo
di monitoraggio scientifico redatto da Legambiente, sulla base di quello
elaborato dal Ministero dell’Ambiente e da ISPRA nel 2014.
Rifiuti spiaggiati – Piccoli ma pericolosi. I pezzi
di plastica e di polistirolo con dimensioni minori di 50 centimetri sono
in cima alla classifica degli oggetti più trovati da Legambiente. La
frammentazione graduale dei rifiuti plastici abbandonati nell’ambiente
genera un inquinamento irreversibile e incalcolabile. Per effetto di
onde, correnti, irradiazioni UV e altri fattori, i rifiuti sono
destinati a frammentarsi in milioni di micro particelle
che si disperdono nell’ecosistema marino e costiero vengono ingerite
dalla fauna marina. Attraverso la catena alimentare, la plastica arriva
anche sulle nostre tavole con le sue sostanze nocive. In seconda
posizione in classifica, con il 13%, troviamo i cotton fioc: si tratta dei classici rifiuti derivanti dalla mancata depurazione che
giungono sulle spiagge attraverso fiumi, canali e scarichi. Tra i
rifiuti che arrivano in spiaggia tramite gli scarichi delle nostre case
e, quindi, attraverso i corsi d’acqua e canali ci sono anche blister di medicinali, assorbenti e deodoranti per
wc (in totale i rifiuti da mancata depurazione sono il 14%). La loro
presenza dimostra anche l’inefficienza dei sistemi depurativi che non
riescono a filtrare neanche oggetti di una certa grandezza, oltre ai
cotton fioc addirittura deodoranti da wc e blister. Oltre che sulla
spiaggia di Fiumicino, questi rifiuti sono stati monitorati anche nelle
spiagge di Capocotta – Ostia (Rm) con il 33% di incidenza sul totale e
sulla spiaggia di Cava dell'Isola a Forio d’Ischia dove rappresentano il
34% dei rifiuti dell’intera spiaggia. In terza posizione in classifica
ci sono i mozziconi di sigarette (8%): frutto di una cattiva abitudine
che non stenta a cessare. In particolare, i mozziconi rappresentano il
60% del totale dei rifiuti trovati sulla spiaggia del Lido Venere di
Agropoli, il 46% della spiaggia di Genova Voltri e il 35% della spiaggia
di Mercatello a Salerno.
Per quanto riguarda la tipologia dei rifiuti monitorati, dall’indagine di Legambiente che ben il 30% è costituito da packaging,
di cui il 26% da imballaggi e involucri alimentari (ad es. bottiglie,
contenitori, stoviglie) e il 4% da packaging non alimentare (es scatole e
teli). Il 71% del packaging alimentare consiste di imballaggi usa e getta di plastica. Al secondo posto troviamo i rifiuti da mancata depurazione, quasi 5000, e al terzo i rifiuti derivanti dal fumo. Più di 2000 i rifiuti legati al settore pesca (in particolare reti e «calze» da mitili) con il 6% e con il 3% troviamo la categoria degli inerti e materiali da costruzione abbandonati in loco.
Rifiuti, quanto ci costano – Il problema del beach
litter e della marine litter è anche un problema economico perché
ingenti sono le risorse che servono per la pulizia delle spiagge.
Secondo uno studio commissionato dall'Unione Europea e realizzato da
Arcadis, il marine litter costa all’Ue ben 476,8 milioni di euro l’anno.
Questa cifra prende in considerazione solo i settori di turismo e
pesca, dal momento che non è possibile quantificare l’impatto su tutti i
settori economici. In particolare il costo totale stimato per la
pulizia di tutte le spiagge dell’Unione Europea pari a 411,75 milioni di
Euro e l’impatto sul settore pesca è stimato intorno ai 61,7 milioni di
euro all’anno. Eppure se si mettessero in campo delle politiche di
prevenzione ad hoc, oltre a ridurre i rifiuti in mare, si avrebbero
risultati non indifferenti. Ad esempio con l’adozione degli obiettivi
Ue, l’adozione di un unico standard di valutazione, l’aumento del
riciclaggio dei rifiuti e del packaging, la riduzione e l’eliminazione
delle discariche, si avrebbe la massima riduzione del marine litter
(meno 35,45%) e un ricavo sui costi di 168,45 milioni di euro l’anno. In
particolare se si aumentasse nei comuni il riciclaggio dei rifiuti, ci
sarebbe una riduzione dei rifiuti marini del 7,4% e un ricavo sui costi
di 35,16 milioni di euro l’anno. L’aumento del riciclaggio del packaging
(tra l’80% e il 90%) permetterebbe di diminuire il marine litter del
18,41% e il ricavo costi aumenterebbe a 87,48 milioni di euro l’anno.
Buoni esempi e possibili soluzioni – Un esempio per
gestire e contrastare il marine litter arriva direttamente dal progetto
europeo “Smile” (Strategies for MarIne Litter and Environmental
prevention of sea pollution in costal areas), che ha come capofila la
Regione Liguria, i cui risultati sono stati presentati ieri a Roma. La
Regione, insieme ai suoi partner (Comune di Pietra Ligure, Arpal,
Olpa-Osservatorio Ligure Pesca e Ambiente, Liguria Ricerche e
Legambiente Liguria) ha lavorato tre anni nel comprensorio del Torrente
Maremola, affacciato sul Santuario dei Mammiferi Marini Pelagos, con i
comuni di Pietra Ligure, Tovo San Giacomo, Magliolo e Giustenice, in
Liguria. Obiettivi di progetto quello di proporre un metodo di gestione e
prevenzione del problema dei rifiuti in mare e sulle coste e
l'ideazione di strumenti pratici ed economicamente sostenibili di
prevenzione e di contrasto all’inquinamento marino. Tra questi c’è “Trashpic”,
la prima applicazione europea elaborata da Olpa in collaborazione con
Coop.19, per segnalare la presenza di rifiuti sul territorio ed arrivare
alla celere rimozione. Elaborata, testata e diffusa in questi ultimi
due anni ha ricevuto 145 segnalazioni georeferenziate di rifiuti
abbandonati dai cittadini e rimossi grazie all’intervento delle aziende
che gestiscono la raccolta collegate direttamente con la app. Lo
strumento e tutti i risultati del progetto sono disponibili sul sito http://life-smile.eu/
La mappa interattiva dei rifiuti, foto e infografiche spiaggia per spiaggia e il dossier su: http://www.legambiente.it/contenuti/dossier/beach-litter-2016