Esiste un intreccio virtuoso tra interventi organizzativi mirati alla promozione delle diversità e politiche di conciliazione. Riconoscerlo richiede, da una parte, la consapevolezza che le persone sono il valore aggiunto delle organizzazioni e che sono, ciascuna, l’espressione di una pluralità di differenze e appartenenze, che vanno riconosciute, incluse e valorizzate affinché possano esprimere il meglio di sé all’interno dei contesti lavorativi. Dall’altra, le politiche di conciliazione vita-lavoro possono influire positivamente sulla valorizzazione e promozione delle diversità, nella misura in cui risultano capaci di adattarsi alle diverse esigenze e caratteristiche delle persone che operano all’interno delle organizzazioni, tenendo conto delle loro specificità, in relazione ai vari assi della diversità (genere, età, situazione familiare, appartenenza etnica, condizione contrattuale, ecc.), così come alle differenti fasi dei corsi di vita.

La sfida è dunque quella di sviluppare strumenti capaci di rispondere a diverse esigenze e contesti, evitando il rischio di una eccessiva standardizzazione, poiché la tendenza a destinare le politiche di conciliazione esclusivamente a specifici target, in particolare alle donne con figli, può avere conseguenze problematiche in termini di riproduzione di quegli stereotipi e squilibri che si vorrebbero superare.

Adottare una prospettiva capace di porre in dialogo attenzione alla conciliazione e valorizzazione delle diversità presenta alcune implicazioni di metodo. In primo luogo, è necessario approfondire la conoscenza dei diversi significati e delle diverse articolazioni che la conciliazione tra sfera privata e lavorativa può avere per gruppi sociali e individui diversi, che passa anche per la conduzione di attività di ricerca volte alla mappatura delle diversità interne all’organizzazione e all’analisi dei bisogni di conciliazione esistenti. A ciò, devono fare seguito processi di progettazione il più possibile partecipati, volti alla promozione di interventi in grado di tenere conto della pluralità di appartenenze e vissuti presenti all’interno dei contesti lavorativi, sia in un’ottica orizzontale che verticale. Ciò può aiutare ad evitare i rischi di standardizzazione e omogeneizzazione dei modelli di conciliazione, valorizzando quando possibile una prospettiva intersezionale. Infine, va sottolineata l’importanza di un accurato e continuo monitoraggio di azioni e processi, finalizzato a verificarne l’efficacia e ad assicurarsi che le ricadute degli interventi non rischino di accrescere le asimmetrie esistenti, escludendo proprio soggetti e gruppi caratterizzati da minori risorse e da maggiore vulnerabilità. 

Da qui l’idea del percorso di formazione proposto: un contesto dove confrontarsi su quali attenzioni, strumenti, pratiche manageriali possono favorire, nella propria organizzazione, l’integrazione sinergica di politiche di inclusione e valorizzazione delle diversità e politiche di conciliazione vita-lavoro.

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