Nella pratica di chi si occupa di beni comuni e sussidiarietà, la relazione con il paesaggio non riesce naturale e spontanea. Il paesaggio è visto in modo piuttosto distaccato e lontano, come sfondo o riflesso senza però un ruolo specifico: se prendiamo in considerazione ad esempio i resoconti di Labsus sui Patti di collaborazione ci rendiamo conto dell’ampiezza e varietà dei campi di applicazione di questo strumento, ma la parola paesaggio, da sola, non rientra esplicitamente nella lista. (Scopri di più su: Labsus.org)
Non è azzardato tuttavia affermare che questo argomento è presente in modo implicito in tutti i settori considerati, presentandosi in variegate ed inedite forme di paesaggio involontario.

Partendo dai campi di azione dei Patti di collaborazione appena menzionati, non può sfuggire quello dei beni culturali: si tratta di esempi evidenti di relazione stretta e quasi simbiotica tra beni comuni, sussidiarietà e beni paesaggistici, ma il Paesaggio come categoria specifica e autonoma che riassume ed esprime i tre termini insieme non appare.


Le difficoltà del Paesaggio ad affermarsi come Bene comune

Proseguendo nel ragionamento, non si possono negare sforzi nella direzione di riconoscere il Paesaggio come Bene comune. È il caso di un protagonista indiscusso della tutela del patrimonio culturale e naturale quale Salvatore Settis, che pone il tema con un suo scritto titolato, appunto, Il paesaggio come bene comune, che compendia in modo convincente e completo le ragioni di quell’impresa complessa che è l’invece semplice riconoscimento del binomio Paesaggio-Bene Comune. Nonostante l’esperienza delle buone pratiche citate e l’impegno profuso da soggetti particolarmente autorevoli, l’impressione è che il paesaggio resti nel limbo dell’interesse diffuso dei cittadini o comunque fuori dal loro campo d’interesse.


Il concetto di Paesaggio e i Beni paesaggistici: la visione patrimoniale

Giunti a questo punto, è utile soffermarci sul concetto di paesaggio sottinteso sia dalle esperienze citate sia da figure emblematiche come Salvatore Settis. Per esplicitare questo sottinteso, è utile fare ricorso alla categoria del Paesaggio culturale introdotta dalla Convenzione UNESCO sul Patrimonio Culturale e Naturale del 1972, vale a dire di bene culturale rappresentativo dell’opera combinata della natura e dell’uomo, che illustra l’evoluzione della società e degli insediamenti umani nel corso delle epoche, sotto l’influenza di vincoli materiali e/o di opportunità offerte dall’ambiente naturale, e delle forze sociali, economiche e culturali che si sono susseguite, interne ed esterne. La visione patrimoniale del Bene culturale è anche il supporto della tesi secondo la quale, in Italia, la nozione giuridica del paesaggio appartiene alla sfera della cultura e, di conseguenza, delle competenze legislative esclusive dello Stato: la parola paesaggio è quindi intesa quale sinonimo di beni paesaggistici escludendo ogni altro significato estensivo.


Il concetto di Paesaggio nella Convenzione europea del Paesaggio

La Convenzione europea del Paesaggio (CeP), aperta alla sottoscrizione nel 2000 a Firenze, sembra mettere in discussione questo impianto culturale e giuridico, anche se poi in definitiva non è così. Anzi. È emanazione del Consiglio d’Europa, organizzazione internazionale intergovernativa creata nel 1949 e che ora comprende 49 Stati membri, i cui scopi principali sono: la promozione della democrazia, i diritti dell’uomo e la preminenza del diritto, nonché la ricerca di soluzioni comuni ai grandi problemi della società europea. Nasce allo scopo di promuovere la protezione, la gestione e la pianificazione del paesaggio, riconoscendo che esso costituisce una componente essenziale della qualità di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro patrimonio comune culturale e naturale e fondamento della loro identità, ed è stata ratificata in Italia con la Legge 14/2006. Nei lavori preparatori di questa Legge si evidenziava che la ratifica non comportava adeguamenti significativi del sistema giuridico vigente, in quanto i suoi contenuti erano già stati recepiti due anni prima dal D. Lgs. 42/2004, Codice dei Beni culturali e del Paesaggio.


Entra in scena la percezione del Paesaggio

Contenuti di forte differenziazione rispetto alla nozione di paesaggio sopra richiamata, a iniziare dalla definizione che presenta connotati inediti, secondo i quali: “Paesaggio” designa una parte di territorio così come percepita dalle popolazioni, il cui carattere risulta dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni. L’oggetto dell’attenzione non è più limitato agli elementi fisici della realtà che ci circonda nei suoi aspetti migliori, bensì si rivolge al rapporto con essa in tutte le sue componenti positive e negative a seconda della percezione da parte delle popolazioni coinvolte, sotto forma di paesaggio eccezionale, del quotidiano e degradato, cui far riscontro con corrispettive politiche paesaggistiche altrettanto articolate in termini di protezione, gestione e pianificazione. Ne consegue che il campo di applicazione non è più circoscritto all’ambito dei beni paesaggistici, che comunque resta ovviamente al centro delle politiche di protezione, bensì esteso a tutto il territorio nelle sue diverse componenti.

Oltre a questi elementi innovativi, la CeP contiene una serie di impegni che gli Stai membri si assumono all’atto della ratifica in termini di misure generali e particolari, nonché una parte dedicata alla cooperazione internazionale. Si tratta di contenuti di particolare rilievo che possono essere solamente menzionati in questa sede in quanto meritano una trattazione specifica anche perché sono i più disattesi.


La presenza della CeP in Italia è spontanea e involontaria più che frutto di politiche istituzionali

Ci limiteremo quindi almeno ad accennare agli effetti meno evidenti della presenza della CeP in Italia, riferiti soprattutto ai temi del Bene comune e della sussidiarietà orizzontale, con particolare riferimento ai risultati emersi tramite il Premio europeo del Paesaggio indetto biennalmente dal Consiglio d’Europa. Nelle quattro edizioni finora compiute, il Premio, preceduto dalle selezioni nazionali, ha messo in evidenza la ricchezza dei soggetti attivi in materia di paesaggio, che riguarda soprattutto le forme di aggregazione spontanea e di cittadinanza attiva. Si tratta di una realtà significativa dell’importanza degli aspetti legati alla percezione del paesaggio da parte delle popolazioni, che si manifesta dove il rapporto tra popolazione e territorio risulta forte al punto da fare del paesaggio un fattore condiviso di sviluppo sociale, economico e territoriale o dove il paesaggio permette di realizzare progetti altrimenti non fattibili per effetto di aspetti e meccanismi “extraistituzionali”, spontanei e latenti – o più semplicemente umani – presenti nella popolazione.


Il potere aggregativo e le capacità relazionali del Paesaggio: la Partecipazione come Bene Comune

In effetti, il paesaggio è in grado di risvegliare risorse ed energie culturali umane, naturali e territoriali, e di suscitare in chi vi partecipa motivazioni altrimenti destinate a restare senza espressione: il riscontro più evidente è costituito dal volontariato, ma non bisogna trascurare l’associazionismo ambientalista, la cittadinanza attiva, le forme sussidiarie di democrazia diretta, partecipazione e bene comune. Tra quanti si sono occupati di partecipazione e di Bene comune nei secoli scorsi, eccelle Tommaso d’Aquino che sottolinea l’importanza della partecipazione con l’espressione lapidaria “Est autem partecipare quasi partem capere”, a significare che per l’individuo l’atto di partecipare allo stesso tempo crea un Bene comune e consente di fruirne. La Partecipazione stessa è un Bene comune che si concretizza fisicamente in un luogo, non può prescinderne, ne diventa paesaggio. Il riscontro a questo ragionamento risulta evidente considerando le Allegorie di Ambrogio Lorenzetti a Siena note oggi come del Buon e del Mal Governo e dei loro effetti sulla città e sulla campagna, mentre all’epoca della loro concezione e rappresentazione erano conosciute come il Bene Comune ed il Bene Proprio, sulla scia del pensiero tomistico appena richiamato che si era sviluppato nei decenni successivi la scomparsa del protagonista: laddove c’è partecipazione al Bene comune c’è armonia e bellezza in città come in campagna, mentre dove regna il Bene proprio domina la tirannia, il sopruso così come il degrado fisico, l’abbandono e la bruttezza.


La domanda sociale di Bene Comune e di Beni comuni

Alla domanda sociale di “Beni comuni tangibili” si associa la domanda di “Bene comune intangibile” in quanto tale, ed in questo meccanismo il Paesaggio svolge un ruolo insostituibile perché la domanda di paesaggio da parte dei cittadini è la domanda di relazioni diverse tra loro stessi e con i propri luoghi. La CeP intercetta e consente di cogliere questa dimensione paesaggistica così come, in Italia, di dare corpo al principio di sussidiarietà orizzontale suo malgrado, nel senso che nel testo si fa riferimento esclusivo alla sussidiarietà verticale.


L’interesse generale del Paesaggio

Questo avviene assumendo come perno per i ragionamenti il concetto di interesse generale che, come è noto a chi si interessa dell’art. 118, c. 4, della Costituzione, è la condizione per l’esercizio dell’attività sussidiaria da parte dei cittadini. Il Preambolo alla Convenzione europea del Paesaggio afferma che: “il paesaggio partecipa in modo importante all’interesse generale sui piani culturale, ecologico, ambientale e sociale, e costituisce una risorsa favorevole all’attività economica della quale una protezione, una gestione e una pianificazione appropriate possono contribuire alla creazione di occupazione”. Le definizioni contenute contribuiscono esplicitamente al proposito di attribuire al Paesaggio il carattere di interesse pubblico. La CeP, pertanto, allo stesso tempo postula l’interesse generale e promuove il riconoscimento del suo interesse pubblico. Il principio di sussidiarietà e la CeP, le cui prospettive sono reciproche, non sono la soluzione a tutti i mali che affliggono questa materia, ma costituiscono dei punti di riferimento giuridici, culturali, professionali e operativi utili per evolvere in modo positivo ed efficace verso il modello paritario e pluralista di paesaggio condiviso al quale queste note auspicano di aver contribuito.

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