Mettere in discussione i modelli sessisti, misogini e patriarcali ancora così radicati nella nostra cultura e promuovere una ridefinizione del rapporto tra le donne e gli uomini. (Scopri di più su: ConMagazine.it)
  • Alessandra Profilio
Nasce con questa finalità “Maschile Plurale”, la prima associazione in Italia formata da soli uomini che combattono la violenza sulle donne. A parlarci di questa realtà, costituitasi ufficialmente nel 2007, è Domenico Matarozzo.


Puoi presentarti e dirci di cosa ti occupi?

Faccio il counselor e mi occupo di queste tematiche da molto tempo. Da 20 anni sono in relazione con l’associazione Il cerchio degli uomini, che fa parte della rete Maschile Plurale. Da circa otto anni abbiamo aperto a Torino il primo centro di ascolto per uomini che agiscono violenza sulle donne.

Faccio parte di quella galassia di uomini che hanno iniziato a ragionare su quali sono i meccanismi del patriarcato, del machismo e della cultura gerarchica che cerchiamo di mettere in discussione partendo dal nostro comportamento quotidiano. Promuoviamo la riflessione su questo tema organizzando incontri pubblici e nelle scuole.


Che cos’è Maschile Plurale?

Maschile Plurale è un’associazione nata ufficialmente nel 2007 da una rete di uomini che già si conoscevano da molti anni e che, in maniera informale, lavoravano sulle tematiche di genere, sulla maschilità, sulle trasformazioni delle relazioni uomo-donna, sulla violenza maschile sulle donne. Nell’estate 2006 c’erano stati molti femminicidi. Da lì è stato lanciato il primo appello pubblico di uomini contro la violenza sulle donne che hanno sottoscritto tantissime persone. Siamo stati i primi uomini ad esprimerci pubblicamente sul tema della trasformazione delle relazioni tra uomini e donne e in particolare sul tema della violenza.
Da una parte individuiamo la necessità di un lavoro sugli uomini, cosa che implica una profonda analisi della cultura patriarcale che caratterizza la nostra società. Dall’altra parte, riconosciamo il debito nei confronti del femminismo e intratteniamo tantissimi scambi e collaborazioni con molte realtà femministe italiane.

Fino a poco tempo fa in Italia non c’era nessuna realtà formata da uomini che assistono altri uomini che vogliono attuare un cambiamento, riconoscendosi responsabili degli atti di violenza che hanno commesso, cercando di comprendere loro stessi e capire il perché di questi comportamenti.

La nostra è un’associazione plurale ed eterogenea, ci sono iscritti dal Piemonte all’Emilia, al Lazio, fino alla Sardegna e alla Puglia. Il nucleo operativo è composto da una quarantina di persone, molte delle quali sono referenti di gruppi locali, per cui siamo ben ramificati sul territorio. Lavoriamo sia nel campo educativo, andando nelle scuole, sia in quello della comunicazione rivolta agli uomini, così come nel supporto ai centri anti violenza, con cui ci sono scambi e progetti in comune.


Perché l’associazione si chiama Maschile Plurale?

Perché rifiutiamo l’eredità di un’identità sessuale molto rigida, riferita a modelli di genere violenti, non solo nei confronti delle donne, ma anche verso gli uomini, perché certi ambiti di esperienza, di relazione, di rapporto con se stessi e con la sessualità sono da sempre limitati e repressi.

Maschile Plurale significa quindi rivendicare la ricerca soggettiva di modelli di maschilità differenti da quelli che abbiamo ereditato. Cerchiamo di mettere in discussione i meccanismi del maschile di cui facciamo parte cercando di capire come ognuno di noi nel suo piccolo e nel suo intervento politico può fare questo percorso. Noi per primi che lavoriamo in questo campo non vogliamo sottrarci dal nostro essere uomini e dai meccanismi del maschile che ci riguardano e che vogliamo cambiare.


La violenza contro le donne nasce dunque dai modelli sessisti e patriarcali che caratterizzano la nostra società?

La violenza maschile contro le donne nasce prevalentemente come risultato di una cultura patriarcale e gerarchica che in qualche modo attribuisce una sorta di differenza di valore alla figura femminile rispetto a quella maschile. Il patriarcato cresce su questa asimmetria, su questa logica che pone l’uomo al di sopra della donna. Da qui hanno preso il via tutte le battaglie per l’uguaglianza dei diritti e la liberazione sessuale.

Il patriarcato ha fondato tutta la sua visione sull’assunto che l’uomo può comandare. Quando parliamo di patriarcato non facciamo riferimento solo agli uomini. Una cultura patriarcale può essere anche abbracciata o fatta propria dalle donne. Penso alle donne che hanno sostenuto la mafia o un modello economico gerarchico. Noi non mettiamo in discussione solo il comportamento degli uomini né siamo femministi, mettiamo piuttosto in discussione un modello, a prescindere da chi poi lo sostiene.


Pensi che negli ultimi tempi si stia assistendo ad un cambiamento culturale positivo?

Ci sono avvisaglie di comportamenti nuovi, soprattutto nella genitorialità e sul piano dell’uguaglianza dei diritti. Tuttavia, d’altra parte, riscontriamo un ritorno a modalità di relazioni gerarchiche e constatiamo una insicurezza maschile che non si vuole affrontare. Esistono insomma segnali di miglioramento da un lato e segnali di un ritorno ad un modello gerarchico dall’altro. Questo lo notiamo ovunque, in tutte le regioni d’Italia.

Noi facciamo interventi anche nelle scuole medie perché anche qui notiamo delle modalità di relazione che riprendono il modello gerarchico.


Come si combatte dunque la violenza contro le donne?

Non basta punire chi commette atti di violenza se non ci si rende conto che questi meccanismi sono dentro ognuno di noi. Spesso anche chi si pone come difensore delle donne ha una concezione asimmetrica del valore dell’uomo e di quello della donna. Se si agisce solo sul contenuto e non sul metodo non si produce un cambiamento. È un meccanismo profondo: se diciamo ad un bambino che non deve essere violento e, nel farlo ci rivolgiamo a lui con violenza, quale messaggio può percepire il piccolo? Il modo è molto più forte del contenuto.

Bisogna rendersi conto che questo è un tema sociale di cui dobbiamo farci carico tutti, dal privato cittadino alle amministrazioni.

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