Mancata integrazione con il canale istituzionale (il caso del crowdfunding di Loveitaly a favore del Parco archeologico di Pompei che non trova spazio sul sito ufficiale dell’ente), spaccatura tra chi vorrebbe prendere i soldi e scappare come Woody Allen (chi non vorrebbe?) e chi invece decide di intraprendere il cammino della cultura del dono (sempre più numerosi). (Scopri di più su: OsservatorioSocialis.it)

L’indagine condotta per l’Osservatorio Socialis da Marianna Iacoviello – vincitrice del Premio Socialis 2016 per le migliori tesi di laurea su CSR e sviluppo sostenibile – delinea un Paese, il Bel Paese, in cui sono gli stessi musei e aree archeologiche tra le più famose nel mondo a non riuscire a vivere di cultura e di bellezza mettendo un bel punto interrogativo sull’italico sogno di ripartire dalla cultura per far ripartire l’Italia.

“Fin quando il concetto di cultura del dono non sarà ben chiaro all’interno della struttura organizzativa – spiega Iacoviello -, sarà sempre più facile cadere nella logica dell’hit-and-run e del salvataggio in extremis. Per rafforzare il carattere di bene pubblico e il rapporto di fiducia con i vari stakeholders bisognerebbe anche iniziare a ragionare con trasparenza comunicando i risultati indifferentemente dagli obblighi di legge”.


Rendicontazione? Assente!

Quasi tutte le sezioni “Amministrazione trasparente” consultate sono infatti vuote e dei bilanci non c’è neppure l’ombra. Come attirare donatori se la rendicontazione è assente?

Ma non è questione solo di risorse economiche: per attivare una community di riferimento, la componente emotiva e narrativa è un elemento fondamentale. Purtroppo però l’arte del coinvolgimento, nel suo senso più ampio, non è ancora completamente messa in pratica a causa di eccessiva burocrazia e di mancanza di personale adeguatamente formato. La limitatezza del budget da destinare alle attività di raccolta fondi è una giustificazione accettabile solo parzialmente ed il successo delle attività di supporto da parte di onlus o fondazioni ad esempio nel territorio fiorentino ne sono la dimostrazione lampante.

“Dall’analisi svolta si può comunque notare come la riforma e la dotazione di autonomia speciale abbiano consentito ai musei di avere uno statuto “integrato” e di svolgere operazioni prima impedite – continua Iacoviello -. La possibilità di generare ricavi propri non solo per la vendita di beni e servizi, ma anche per sponsorizzazioni ed attività varie di funding, è sicuramente un passo importante per garantire sostenibilità alla mission e per far evolvere la percezione del museo a realtà collettiva”.

I risultati riportati nello schema si riferiscono all’analisi sugli strumenti utilizzati per raccogliere fondi da cinque istituzioni museali pubbliche (Galleria degli Uffizi, Parco Archeologico di Paestum, Reggia di Caserta, Pinacoteca di Brera, Gallerie dell’Accademia di Venezia) ed il campione purtroppo non è più ampio a causa di mancata disponibilità degli altri enti interpellati (non hanno risposto in 15).

Sta di fatto comunque che sono frequenti le donazioni effettuate tramite bollettino postale, conto corrente o sito internet nonostante l’assenza di mailing cartaceo o digitale. Questo fa presupporre che il sostegno avvenga in seguito ad una visita dei luoghi con la raccolta delle informazioni dalle brochure oppure in maniera completamente autonoma accedendo ai siti istituzionali e rispettivi social network. Ancora quasi e non del tutto sfruttato, il pagamento tramite rapporto bancario diretto ed il cause related marketing come anche le campagne di membership e gli eventi, al contrario di come avviene per le fondazioni di diritto privato.


Alcuni suggerimenti

Il passo successivo quindi è nel superamento della diffidenza al raccontare l’andamento della propria attività e nella scelta dell’approccio migliore per l’analisi di tali risultati in modo da comprendere processi e dinamiche ed eventualmente sviluppare modelli ed azioni correttive. In questa direzione, la creazione da parte del Ministero per i beni culturali di un sistema di governance ibrida che riesce a mantenere un corretto equilibrio tra i conferimenti ed i poteri decisionali, può divenire quindi un valido mezzo strategico e sinergico per la fruizione di un servizio culturale di qualità da parte dei cittadini e la relativa promozione anche su scala internazionale.

“Il sistema offre innumerevoli spunti per lavorare e rivedere eventualmente la norma – commenta Roberto Orsi, Direttore dell’Osservatorio Socialis -: l’analisi di Iacoviello evidenzia che tra le 5 istituzioni culturali analizzate, che colgo l’occasione di ringraziare per la disponibilità mostrata, nessuna svolge in modo sistematico e regolare attività di cause related marketing e crowdfunding ma neppure il più tradizionale RID bancario e che, difficile da comprendere, nemmeno l’Art Bonus è utilizzato in maniera sistematica nonostante gli eccellenti risultati ottenuti fino ad oggi”.

Rimanere in attesa di una donazione attraverso il bollettino postale, non utilizzare il RID bancario, non promuovere abbastanza il 5×1000 né il marketing legato alla causa penalizzano fortemente la raccolti di fondi necessari allo sviluppo, dell’istituzione e del territorio. Ed è proprio su questi terreni che sono essenziali la formazione del personale addetto e il coinvolgimento dei cittadini attraverso la trasparenza nell’utilizzo dei fondi raccolti: solo così si possono lanciare campagne di crowdfunding, che in Italia ha un trend in forte crescita: nel 2015 il valore complessivo dei progetti finanziati attraverso le piattaforme è stato pari a 56,8 milioni di euro con un aumento dell’85% rispetto al 2014 (Fonte: Report sul crowdfunding dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano).

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