Short Paper di Stefano Zamagni, Università di Bologna e Paolo Venturi, Direttore AICCON. (Scopri di più su: Aiccon.it)

Al centro della dimensione trasformativa c’è una sfida che è prettamente culturale: come sappiamo un territorio, quale che esso sia, può essere concettualizzato sia come spazio che come luogo. La differenza è ormai chiara: lo spazio è un’entità geografica, mentre il luogo è un’entità socio-culturale.

Pertanto la differenza tra i due concetti è rilevante e identificare gli spazi con i luoghi è totalmente errato. Tale distinzione si riallaccia ad un’altra di più antica memoria: quella tra urbs e civitas. Urbs, da cui la parola italiana “urbe”, è la “città delle pietre”; la civitas era per gli antichi romani la “città delle anime”.

Questa tradizione di pensiero è andata persa nel tempo, mentre i nostri antenati avevano chiara la differenza tra spazi e luoghi.

La civitas è un luogo, mentre l’urbe, è uno spazio. Quest’errore si ripercuote anche nel linguaggio corrente: ad esempio, tra gli architetti si fa riferimento alla progettazione urbana, all’urbanistica, riferendosi all’urbe senza tenere conto della civitas.

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