Investimenti a impatto sociale in crescita: pubblicato il Rapporto GIIN 2017. Nel 2016 l’impact investing ha superato i 22 miliardi di dollari, per un totale di oltre 8 mila progetti: la fotografia scattata dall'Annual Impact Investor Survey 2017 GIIN tra cifre, analisi e prospettive future. (Scopri di più su: IlPuntoPensioni&Lavoro.it)
La scorsa settimana il Global Impact Investing Network (GIIN) ha pubblicato l’usuale report annuale, giunto ormai alla settima edizione. Il report del 2017 è stato redatto monitorando 208 operatori del settore (erano 158 lo scorso anno) che, a fine 2016, risultavano gestire complessivamente 113,7 miliardi di dollari di asset in impact investments, 22,1 miliardi dei quali investiti nel 2016 in quasi 8.000 interventi. Gli stessi operatori, poi, prevedono per il 2017 un incremento del 17% degli investimenti per un totale di 25,9 miliardi di dollari.

I 208 operatori sono per il 46% nord-americani, il 32% europei mentre il rimanente 22% sono di varie altre nazionalità con una considerevole presenza di Paesi dell’Africa sub-sahariana (7%) e latino-americani (5%). Per quanto riguarda la tipologia degli operatori, ben il 67% sono gestori di fondi, l’11% fondazioni, il 4% banche, il 3% ciascuno gli Enti di sviluppo, i family office, i fondi pensione e le assicurazioni ed il rimanente 6% strutture finanziarie non classificabili.
Da sottolineare inoltre come oltre il 70% degli operatori siano finanziarie “profit”, quindi con fini di lucro; comunque buona la presenza di fondazioni, mentre la ridotta presenza di fondi pensione e assicurazioni è probabilmente dovuta al fatto che questi soggetti ritengono ancora troppo rischiosa questa asset class.

Quali gli obiettivi e quali mercati? Il report evidenzia in merito come il 66% degli intervistati si prefigga un rendimento pari ai tassi di mercato, il 18% accetti rendimenti inferiori e il rimanente 16% punti alla sola conservazione del capitale. Per quanto riguarda, invece, l’allocazione geografica degli asset si rimarca come il 40% sia nel Nord-America, il 14% nell’Europa nord-occidentale, il 10% nell’Africa sub-sahariana, il 9% nell’America Latina, il 6% nell’Europa dell’Est e il rimanente suddiviso fra Asia, Medio Oriente e Oceania.
I principali settori di investimento sono gli alloggi sociali (22%), le energie rinnovabili (16%), la microfinanza (12%), gli altri servizi finanziari (10%), l’alimentazione ed agricoltura (7%), la salute (7%), l’acqua (7%), le foreste (3%) e l’educazione (2%). Stando ai dati rilevati dall'indagine, le tipologie d'investimento principalmente utilizzate per gli interventi sono stati private debt (34%), real assets (22%), private equity (19%), public equity (14%) e public debt (5%).
Perfomances e "ritorno sociale" - Le performance attese nel 2016 per investimenti tramite obbligazioni erano del 7% per i Paesi sviluppati e del 9,2% nei Paesi emergenti, mentre per gli investimenti azionari erano del 13,4% nei Paesi più sviluppati e del 16,5% in quelli classificati come emergenti. A consuntivo, il 15% dei partecipanti alla rilevazione dichiara a ogni modo di aver avuto il ritorno finanziario maggiore delle previsioni, il 76% in linea con le aspettative e solo il 9% un risultato inferiore.
Per quanto riguarda la misurazione del ritorno sociale degli investimenti, i 208 operatori hanno usato i criteri IRIS suggeriti dal GIIN oppure sistemi propri ma IRIS conformi, e più del 98% dichiara di aver raggiunto gli obiettivi attesi. Si è inoltre evidenziato che gran parte degli intervistati cerca di misurare i rischi dell’investimento basandosi sui tassi di mercato, ma è sempre più condiviso il riconoscere l'importanza del ruolo svolto dagli investimenti che accettano rendimenti inferiori a quelli dei mercati finanziari.

Da ultimo, il Rapporto ha rilevato come la maggior parte degli intervistati sia convinta che l'ingresso delle grandi imprese finanziarie nel mercato del social impact investing introdurrà una maggiore professionalità e apporterà capitali cospicui, sicuramente ben accetti; d'altra parte, l'analisi mette in guardia da una possibile deriva della “mission” laddove si dovesse così assistere a un'attenuazione dell’impatto sociale.

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