La seconda giornata dell’Oltreconomia Festival è stata dedicata alle “rigenerazioni urbane”, tema al centro di un grande dibattito pubblico nazionale ed internazionale poiché si interroga sulle trasformazioni legate al futuro della città, sia in relazione al riuso e recupero di edifici ed aree dismesse, sia rispetto ai cosiddetti “processi partecipativi” che interessano le comunità locali. (Scopri di più su: Oltreconomia.info)

Il titolo della tavola rotonda – a cui hanno partecipato diverse realtà che lavorano, con prospettive diverse tra loro, a livello locale, nazionale ed internazionale – era “Come contrastare la rendita urbana: rigenerazione, riappropriazione, progettazione comune”. Il confronto non ha avuto alcuna velleità di sintesi tra le diverse esperienze, ma ha voluto mettere in rilievo i tanti nodi contraddittori che ruotano attorno al concetto di “rigenerazione”. In particolare si è cercato di ridare al concetto una complessità, in termini politici e sociali, che vada oltre al “dibattito per addetti ai lavori”.

Promotore dell’iniziativa è stato il Laboratorio Sociale Officina Piedicastello, che da quasi un anno è impegnato in un progetto di autorecupero dell’area “Ex Bersaglio”, situata nel quartiere di Piedicastello a Trento. Sport di strada, orti urbani, cinema all’aperto sono alcuni esempi di come si possa fare una progettazione condivisa su un’area dismessa, che ecceda lo spazio in sé e si affermi come modello di interazione sociale nel tessuto dei quartieri e delle città, promuovendo il più possibile pratiche riproducibili come quella dell’autocostruzione e del riuso temporaneo.

Nel corso della discussione sono stati toccati tanti temi, come quello della gentrificazione, delle contraddizioni della “città neoliberale”, tra speculazione, privatizzazione degli spazi culturali e gestione securitaria. Venezia è una città che vive in pieno queste contraddizioni, sia per le sue peculiarità, sia per l’invasività dell’industria del turismo all’interno del suo tessuto sociale ed abitativo. Per questa ragione la questione del “diritto all’abitare” emerge come uno degli elementi principali legati al riuso di pezzi di città che negli anni sono stati abbandonati. Asc (l’Assemblea Sociale per la Casa) è diventata uno dei punti di riferimento per tanti soggetti che, proprio nella pratica dell’occupazione abitativa e dell’autorecupero edilizio, trovano risposte concrete alla dismissione di servizi e welfare cittadino.

Un altro tema che nella città lagunare è da anni terreno di dibattito e conflitto è quello della produzione culturale. L’occupazione del Sale Docks, che ha “rigenerato” nel 2007 uno spazio storico in passato adibito a magazzino del Sale, è nata e prosegue proprio dalla spinta di valorizzare l’arte contemporanea ed indipendente come elemento di lotta e di espressione del dissenso. La produzione indipendente di arte, cultura e saperi rappresenta una parte importante di quel “diritto alla città”, che negli ultimi anni si è affermato come alternativa alla “rigenerazione istituzionale”.

Sempre in ambito artistico e culturale, anche se in contesto completamente diverso come quello di Milano, opera l’esperienza di Macao. Dall’occupazione di Torre Galfa fino all’attuale Ex Borsa del Macello, passando per Palazzo Citterio, la storia di questo spazio è sempre stata connotata da sgomberi e pratiche di resistenza. Nella Milano delle “amministrazioni progressiste”, di Pisapia prima e Sala poi, nella Milano del malaffare di Expo 2015, Macao rappresenta un polo di alternativa reale ad una città dominata dai flussi finanziari e dalla rendita spietata. Attualmente gli attivisti e le attiviste sono impegnati in una campagna di acquisto collettivo dello stabile, per sottrarlo allo sgombero ed alla successiva speculazione.

Dall’Italia alla Spagna, il collettivo di architetti Gravalos Dimonte si sta proponendo come una delle realtà più innovative nell’ambito delle rigenerazioni urbane, intervenendo su quei vuoti lasciati innanzitutto dalla crisi economica. L’esperienza, nata a Saragozza, opera adesso in diverse città europee.

La questione dei “vuoti urbani” e dell’autocostruzione è affrontata anche dall’associazione Camposaz, composta da architetti, designer ed urbanisti provenienti da diverse parti del mondo, che ha concentrato il suo intervento lontano dalle grandi città, nei piccoli villaggi e nelle aree rurali.

La giornata è proseguita con la presentazione di “Architettura del dissenso. Forme e pratiche alternative dello spazio urbano”, curata da Giacomo Borella. Il libro raccoglie una serie di scritti di Colin Ward, architetto ed urbanista britannico morto nel 2010 che è stato uno dei protagonisti del pensiero critico radicale del Novecento.

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