Da noi le porte sono sempre aperte: ecco l’appello dello sport sociale Uisp al convegno Rete Fare e Unar. (Scopri di più su: Unar.it)

La necessità di adeguare i regolamenti alle esigenze sociali dello sport, per valorizzarne le potenzialità di integrazione e dialogo: Questo è stato l’obiettivo dichiarato del convegno ”L’Europa, il calcio e i rifugiati. Iniziative, regole ed esperienze di inclusione attraverso il gioco”, che si è tenuto il 13 febbraio a Roma, organizzato dall’ UNAR, Rete fare (Football against racism in Europe), da Uisp-Unione italiana sport per tutti e Liberi Nantes.

Il confronto, al quale hanno partecipato rappresentanti dell’Uefa, della Figc e dell’Aic è servito a capire se e come l’Europa e l’Italia si stanno adeguando al fenomeno, tutt’altro che temporaneo, delle migrazioni e della richiesta d’asilo di tante migliaia di persone in arrivo ogni giorno ai confini del continente.

“Da una parte si chiede allo sport di svolgere un ruolo di mediazione nei confronti di rifugiati e richiedenti asilo, dall’altra i regolamenti spesso lo impediscono – ha detto Carlo Balestri, responsabile politiche internazionali Uisp - Per questo motivo l’Uisp ha esposto alcune buone pratiche in ambito di integrazione e sport nel nostro Paese, come i Mondiali Antirazzisti, e ha chiesto alcune modifiche regolamentari”. Ad esempio è impossibile applicare la normativa sul tesseramento dei calciatori per persone non comunitarie con permessi di soggiorno in scadenza. Inoltre per i minori non accompagnati in transito nel nostro Paese non è possibile il tesseramento perchè inevitabilmente manca la firma dei genitori.
  • GUARDA IL VIDEO CON LE INTERVISTE a Fiona May (FIGC), Vincenzo Manco (Uisp), Mauro Valeri (Unar), Piara Powar (Rete Fare), Raffella Chiodo (Rete Fare), Koffi Gbonfoun (Liberi Nantes)
In questo senso è stata particolarmente significativa l’esperienza dei Liberi Nantes, squadra di richiedenti asilo affiliata all’Uisp Roma, che gioca in terza categoria ma solo fuori classifica: “Vi lancio questo appello ragazzi, ovunque andate se non vi fanno giocare ricordate che le porte dei Liberi Nantes sono sempre aperte”: dice Koffi, ragazzo senegalese dei Liberi Nantes. “Saremmo in piena zona play off, da cui giocarci la qualificazione alla categoria superiore, ma questo non ci viene consentito – racconta Alberto Urbinati, presidente Liberi Nantes – ogni domenica ci guadagniamo sul campo un risultato che non ci viene riconosciuto perché possiamo giocare solo fuori classifica, in quanto non possiamo tesserare i nostri giocatori”.

L’esperienza della squadra romana è stata tra quelle emerse durante il convegno, in cui sono anche intervenuti rappresentanti delle istituzioni calcistiche nazionali ed europee e dell’UNHCR, per collegare il fenomeno migratorio alle opportunità di integrazione offerte dallo sport, e dal calcio in particolare. Ilaria Pasqui, dell’Ufficio legale AIC (Associazione Italiana Calciatori), e Anna Baracchi, dell’ASGI (Associazione studi giuridici sull’immigrazione), hanno ricostruito il panorama della regolamentazione relativa al tesseramento dei calciatori stranieri e in particolare dei minorenni.

“Il convegno di oggi è servito per porre all’attenzione delle istituzioni politiche e sportive questi problemi – ha detto Vincenzo Manco, presidente Uisp – l’Uisp mette a disposizione buone pratiche, esperienze e attività nelle quali c’è una continua ricerca, anche di tipo regolamentare, per favorire in ogni modo l’inclusione. Al sistema sportivo chiediamo di fare altrettanto”.

“L’unar ha intrapreso un percorso propositivo: favorire le buone prassi, con i soggetti che si sono adoperati per permettere ai richiedenti asilo di fare sport – ha detto Mauro Valeri, Unar – si tratta di una scommessa con le associazioni per accogliere, far gocare e svolgere un’azione di mediazione sul territorio”.

Piara Powar, Rete Fare: “E’ una situazione di emergenza tutti noi stiamo lavorando per migliorare la vita di queste persone, cercando di integrarli e di offrendo loro qualcosa di migliore. Sappiamo quello che vogliamo raggiungere. Giocare e fare sport permette loro di integrarsi. Le regole dovrebbero essere più semplici. In molti paesi abbiamo ancora bisogno di lavorare parecchio per far capire questa opportunità”.

La legislazione sportiva impone un divieto al tesseramento dei minori non accompagnati legato alla scelta di impedire il traffico dei baby calciatori ma secondo l’ASGI, la legislazione italiana con i suoi principi di inclusione e accoglienza, avrebbe i mezzi per superare le difficoltà e permettere il godimento del diritto al gioco per tutti i bambini sul nostro territorio. La legge sullo ius soli sportivo, approvata nel 2016, è uno degli elementi a supporto del diritto al gioco: “Ormai è condiviso che lo sport accelera i processi di condivisione e integrazione ma non siamo ancora riusciti a far inserire questo semplice principio nella legislazione italiana – ha detto l’on. Filippo Fossati - Basterebbe riconoscere che è uno strumento delle politiche sociali, evidenziando così la sua funzione. Invece succede che ci siano progetti sparsi che concretizzano questo approccio ma non la regola che lo sancisce, si lavora come se si trattasse di una perpetua eccezione”.

Per Alessandra Morelli, rappresentante UNHCR (Agenzia ONU per i rifugiati): “Lo sport può aiutare a far incontrare due paure: quella di chi scappa e quella di chi accoglie, fase indispensabile per promuovere l’integrazione”.

Patrick Gasser, Uefa: “Credo che tutti dovrebbero avere il diritto e la possibilità di giocare a calcio e credo che sia una questione in agenda per il calcio europeo quella di aprire le porte ai rifugiati. Senza contare che includere questo flusso dà la possibilità di aumentare la base dei praticanti e quella di contribuire ad un calcio più competitivo”.

“Il nostro auspicio è che le istituzioni raccolgano gli spunti e le proposte innovative della società civile per sfruttare al massimo il potenziale straordinario del calcio, e dello sport in generale, per aprire le porte alla partecipazione e al gioco a tutte e tutti, nessuno escluso”, ha detto Raffaella Chiodo Karpinsky, presidente della Rete Fare, che sviluppa diverse campagne e attività in collaborazione e stabilisce partenariati con diverse istituzioni tra cui quelle calcistiche nazionali e internazionali.

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