In un quadro in piena evoluzione e caratterizzato da una domanda sociale in crescita, l’investimento a impatto sociale rappresenta un terreno estremamente fertile per gli investitori, in particolare di tipo istituzionale. Tra opportunità e possibili criticità, cosa manca ancora per il "via"? (Scopri di più su: IlPuntoPensioniELavoro.it)
Come definiti dal Global Impact Investing Network, gli impact investments sono investimenti in imprese sociali, organizzazioni e fondi finanziari realizzati con l’intenzione di generare un impatto sociale misurabile insieme a un ritorno finanziario. Un duplice e ambizioso obiettivo anima questo filone di investimenti, verso il quale nel corso di questi anni si è canalizzata una crescente attenzione, alimentata anche dalle esperienze che si sono susseguite e dalle buone opportunità di rendimento che ormai gli addetti ai lavori pacificamente associano a questa tipologia di investimenti.

In questo quadro in piena evoluzione, peraltro agevolato da una domanda di “sociale” che per le ben note ragioni si va progressivamente dilatando, l’investimento a impatto sociale rappresenta oggi un terreno estremamente fertile sul quale gli investitori – in particolare quelli istituzionali, che perseguono essi stessi un obiettivo sociale – e, più in generale, tutto il sistema economico possono coltivare concrete e valide ambizioni di crescita.

È questa la fase del consolidamento in cui si affinano i presupposti tecnico-culturali e si recepiscono gli stimoli affinché il filone degli impact investments possa compiere un salto di qualità e diventare obiettivo credibile delle strategie di investimento. In una sola parola, si attende il “via” per proporsi al mercato e attingere ad un pubblico di investitori ben più ampio di quanto oggi non si osservi già, mettendo pienamente a frutto le grandi potenzialità che contraddistinguono il mercato di riferimento.


Cosa manca, dunque, per il via?

Da un lato, alcuni contorni di tipo meramente tecnico da definire meglio: si pensi alla difficoltà tuttora in essere nell’inquadrare il concetto stesso di impatto sociale e nel misurarlo quantitativamente, o alla definizione di un equilibrato rapporto rischio/rendimento atteso esplicitato in termini finanziari, o infine - e questo vale soprattutto per il nostro Paese - alla tradizionale diffidenza delle imprese e del privato sociale verso i mercati finanziari e la riluttanza ad “adattare” la loro governance in maniera coerente con i requisiti richiesti dai mercati finanziari.

Dall’altro lato - e qui forse sta la sfida più impegnativa - l’esigenza di standardizzazione/industrializzazione dell’investimento a impatto sociale e dei suoi veicoli, rendendolo replicabile su più ampia scala sia sul versante degli investitori sia su quello degli impieghi “sociali” e degli obiettivi perseguibili. Un passaggio, quest’ultimo, che sarà in grado di giovare al comparto in termini di efficienza delle iniziative sul fronte sociale e su quello finanziario, di livellamento dei costi delle operazioni finanziarie e di ulteriore attrattività del comparto verso nuovi operatori che oggi mantengono un tiepido interessamento.

Emerge con chiarezza come quella in analisi sia una tipologia di investimento di una certa complessità, che necessita di percorsi di avvicinamento non eccessivamente comprimibili e basi tecniche solide, oggi in fase di ulteriore affinamento. Il 3° Quaderno di Itinerari Previdenziali e Assoprevidenza “Investimenti a impatto sociale: analisi e opportunità”, raccogliendo il forte interesse mostrato dagli investitori si colloca proprio all’interno di questo dibattito, scatta una fotografia sullo stato dell’arte e sui possibili margini di sviluppo ulteriore che si prospettano all’orizzonte per questo filone di investimenti. I contributi degli addetti ai lavori forniscono una chiave di lettura attuale e concreta del tema, interrogandosi su aspetti tecnici e, al tempo stesso, tracciandone i driver di crescita, le criticità emerse e il valore assunto da tali investimenti in un’ottica finanziaria, ma anche sociale.

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