L'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), nata su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell’Università di Roma “Tor Vergata”, porta avanti idee, progetti e attività concrete nell'ambito dello sviluppo sostenibile. (Scopri di più su: IlGiornaleDelleFondazioni.it)
  • Vittoria Azzarita
Costituita il 3 febbraio 2016, l’ASviS rappresenta oggi un network a cui aderiscono 142 tra le più importanti associazioni, fondazioni e reti della società civile. A quasi un anno dalla sua istituzione, ci siamo confrontati con il suo Portavoce, Enrico Giovannini, per fare un bilancio delle azioni fatte e per approfondire il programma di lavoro dell'Alleanza per il 2017. Sottolineando l'importanza dell'Agenda 2030 quale "framework complessivo delle politiche dei prossimi anni", Giovannini parla delle sfide future e lancia un appello alla politica italiana: "o il dibattito pubblico affronterà seriamente il tema dello sviluppo sostenibile nel corso della prossima legislatura, o non riusciremo mai a raggiungere nel 2030 gli obiettivi che ci siamo impegnati a conseguire"

Prof. Giovannini, lei è il Portavoce dell'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), nata il 3 febbraio del 2016 su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell’Università di Roma “Tor Vergata” con lo scopo di diffondere la cultura della sostenibilità in Italia e la conoscenza dell’Agenda 2030 dell’Onu tra i soggetti economici, le istituzioni e la società civile. A quasi un anno dalla sua costituzione, quali sono stati dal suo punto di vista i principali traguardi raggiunti dall'ASviS?

Nel corso del 2016, la crescita quantitativa e qualitativa dell'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) è stata straordinaria: una iniziativa che vedeva a febbraio circa 80 partecipanti, e che ha chiuso l'anno con oltre 140 organizzazioni aderenti, segnala di aver saputo cogliere l'attenzione non solo della società civile italiana ma anche delle associazioni, delle università e delle relative reti. Come dimostra anche la nascita della Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile, creata dalla Conferenza dei Rettori, un numero sempre maggiore di enti e istituzioni si stanno orientando verso i Sustainable Development Goals (SDGs), che sono divenuti il quadro di riferimento fondamentale a livello internazionale in materia di sostenibilità. Anche la Commissione Europea a fine anno ha emesso una comunicazione sull'uso degli SDGs come framework complessivo delle politiche dei prossimi anni. Quindi, il primo grande successo dell’Alleanza è stato quello di aver colto un fenomeno importante e in crescita, riuscendo a mobilitare così tanti soggetti.

Il secondo elemento, particolarmente significativo di questo primo anno di attività, è stata la realizzazione del “Rapporto ASviS 2016 - L'Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile” che abbiamo presentato a settembre alla Camera dei Deputati. Il Rapporto, frutto del lavoro dei vari gruppi che abbiamo istituito con gli esperti delle organizzazioni aderenti, ha avuto il merito di sintetizzare in un unico documento il punto di vista di soggetti molto diversi, che nel passato non avevano mai lavorato insieme in modo sistematico. È stata una vera sfida quella di realizzare un Rapporto che non solo facesse il punto sulla situazione dell'Italia, ma che soprattutto proponesse soluzioni concrete in termini di politiche. Riuscire a mettere d'accordo così tanti soggetti sulle priorità del Paese e su interventi coerenti di politica economica, sociale e ambientale è stato un grande successo.

Terzo traguardo è stato il fatto di essere riusciti a catturare l'attenzione del Governo. Anche se in extremis, abbiamo ottenuto che la Presidenza del Consiglio pubblicasse sul sito del Governo il documento intitolato “La legge di Bilancio 2017 alla luce degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu”, in cui si presenta la griglia delle corrispondenze tra la manovra di bilancio per il 2017 e i 17 SDGs. Firmato dal “Team economico di Palazzo Chigi”, il documento rappresenta un importante riconoscimento del quadro concettuale dell'Agenda 2030 da parte del Governo, con il quale continueremo a dialogare.

Prof. Giovannini, l'ASviS si prepara ad affrontare un nuovo anno. Quali sono i punti salienti del programma di lavoro per il 2017?

Le sfide per il 2017 sono numerose, qualcuno dice troppe, ma noi siamo fiduciosi del fatto che la mobilitazione degli aderenti ci consentirà di conseguire gli obiettivi che ci siamo dati e che abbiamo concordato nel corso dell'assemblea del 13 dicembre. In primo luogo, dopo aver mobilitato così tanti soggetti bisogna ora passare all'azione.

Il primo obiettivo è quello di incorporare i 17 SDGs nei programmi di attività, nelle azioni e nelle politiche dei singoli aderenti. Questo vuol dire che i soggetti membri dell'ASviS hanno concordato di far calare gli SDGs nelle proprie attività correnti in maniera molto più incisiva rispetto a quanto è stato fatto nel corso del 2016. È un impegno non banale, che si concretizzerà a metà anno anche con l'organizzazione del “Festival dello Sviluppo Sostenibile”, di cui le parlerò meglio dopo.

Un secondo aspetto, altrettanto importante, è quello di riuscire a mobilitare l'opinione pubblica italiana in vista delle prossime elezioni. Infatti, o si riesce a far sì che il dibattito pubblico, e quindi anche i programmi dei partiti per la prossima legislatura, affrontino seriamente il tema dello sviluppo sostenibile oppure non riusciremo mai a raggiungere nel 2030 gli obiettivi che ci siamo impegnati a conseguire. Per questo nel corso del 2017 realizzeremo una serie di iniziative - la prima delle quali si terrà il 31 gennaio a Roma - orientate a mobilitare i partiti e i movimenti per incorporare nei propri programmi elettorali azioni dirette a raggiungere gli SDGs. Questo vale anche nei confronti del Governo, che all'inizio di quest'anno dovrebbe mettere a punto la Strategia di Sviluppo Sostenibile e, di conseguenza, definire le linee di indirizzo da attuare nei prossimi anni per centrare gli SDGs.

Il terzo livello di attività, che vedrà impegnate molte delle nostre risorse, sarà quello dell'educazione allo sviluppo sostenibile. A questo proposito, a dicembre abbiamo firmato un Protocollo d'intesa con il Miur per far sì che l'educazione allo sviluppo sostenibile diventi un “must”, un qualcosa che possa gradualmente essere presente in tutte le scuole. A partire da quest'anno inizieremo a operare, d'accordo con il Miur, attraverso strumenti come l'e-learning e altre possibilità di formazione a distanza con l'intento di offrire corsi di educazione allo sviluppo sostenibile e alla cittadinanza globale rivolti sia ai docenti che agli alunni. Recentemente abbiamo anche vinto un bando del Ministero degli Esteri per iniziative formative da svolgere nel prossimo anno scolastico. Abbiamo mobilitato come dicevo la Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile, che ricomprende ormai 60 università italiane, e quindi anche a livello universitario introdurremo il tema dello sviluppo sostenibile nella didattica. Ecco questi sono i tre campi principali su cui lavoreremo intensamente per tutto il 2017.

Come ha accennato prima, tra le novità del 2017 vi è l'organizzazione del “Festival dello Sviluppo Sostenibile”. Quali saranno le sue peculiarità?

Come anticipato prima, tutte le nostre attività previste per il 2017 saranno estremamente visibili grazie all'organizzazione del “Festival dello Sviluppo Sostenibile”, che si terrà dal 22 maggio al 7 giugno 2017 per un periodo complessivo di 17 giorni come 17 sono gli SDGs.

Sarà un festival diffuso su tutto il territorio nazionale. Saremo in tutte le città metropolitane e ogni aderente all'ASviS si è impegnato a organizzare almeno un evento. Avendo mobilitato le università, anche loro organizzeranno delle iniziative durante l'intera durata del Festival. Sarà di fatto il primo esempio in Italia di festival distribuito sul territorio e noi ci aspettiamo che saranno realizzati tra i 200 e i 300 eventi. Il Festival avrà l’obiettivo di diffondere la cultura della sostenibilità, rendere lo sviluppo sostenibile un tema di attualità e richiamare l’attenzione nazionale e locale sulle problematiche e le opportunità connesse al raggiungimento degli SDGs.

Durante il Festival saranno organizzati incontri informali con personaggi rilevanti e diverse attività culturali. La seconda settimana del Festival coinciderà con la Settimana Europea dello Sviluppo Sostenibile, e quindi ci sarà una mobilitazione in tutta Europa su questo tema. Siamo convinti che in questo modo riusciremo, già nel corso del primo semestre di quest'anno, a rendere visibili e intellegibili tutte le azioni e le iniziative, collegate al tema della sostenibilità, che stiamo portando avanti sul territorio nazionale.

Altro elemento innovativo del 2017 è la costituzione di due nuovi gruppi di lavoro dedicati rispettivamente allo sviluppo di modelli analitici per valutare l’impatto delle politiche per gli SDGs, e agli indicatori statistici per costruire un sistema informativo più ampio e articolato sulle tematiche connesse alla sostenibilità. In qualità di esperto di statistica economica, e anche quale promotore del progetto per la misura del “Benessere Equo e Sostenibile (BES)”, in che modo i dati messi a disposizione dall’Istat e da altre fonti informative possono aiutarci a comprendere meglio i temi legati allo sviluppo sostenibile?

I dati rappresentano uno strumento fondamentale per capire un fenomeno così complesso e articolato come lo sviluppo sostenibile. Per questo gli indicatori sono così importanti anche nella comunicazione pubblica. A questo proposito, l'Istat ha finalmente pubblicato un primo sotto-insieme di 95 indicatori, relativi a 66 dei 241 indicatori scelti dall'Inter-Agency Expert Group delle Nazioni Unite per misurare il progresso verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Noi come ASviS continueremo a stimolare l'Istat affinché faccia sempre di più e meglio.

Parlando di dati, è necessario mettere in evidenza alcuni aspetti. In primo luogo esiste una domanda di informazione a livello locale molto elevata. Per questo il nostro gruppo di lavoro proverà ad adattare quello che attualmente è stato realizzato e deciso da parte delle Nazioni Unite alle peculiarità della situazione italiana. Ad esempio, quando si parla di disuguaglianze in Italia non si può non pensare alle disuguaglianze nord-sud, e quindi la nostra banca dati sarà, per quanto possibile, articolata su base regionale e, per alcuni indicatori, cercherà di scendere a livello di città. Il secondo aspetto importante è legato al fatto che ci sono molti indicatori interessanti calcolati da soggetti privati (ad esempio, fondazioni internazionali) - quindi al di fuori del sistema della statistica pubblica. Penso, per esempio, agli indicatori sulla governance, sulla pace, sulla violenza: ecco questi sono indicatori che difficilmente verranno presi in considerazione dall’Istat anche se essi potrebbero essere utili all'opinione pubblica per capire la situazione italiana rispetto agli SDGs. Di conseguenza, cercheremo di svolgere una funzione che complementi le attività dell'Istat, senza mai entrare in competizione, ad esempio sviluppando indicatori compositi che consentano di sintetizzare gli indicatori per singolo Goal, aiutando l’opinione pubblica a superare la difficoltà di avere a che fare con 240 indicatori.

Sui modelli, invece, non solo stimoleremo le istituzioni pubbliche, ma grazie alla collaborazione con la Fondazione Eni – Enrico Mattei proveremo anche a sviluppare dei modelli analitici per valutare le politiche rispetto allo sviluppo sostenibile, per mostrare come questi ultimi possano essere una guida importante nella valutazione ex ante ed ex post delle politiche pubbliche.

Attualmente l'ASviS rappresenta un network a cui aderiscono alcune tra le più importanti associazioni, università, fondazioni e reti della società civile. Con 142 organizzazioni aderenti e oltre 300 esperti iscritti, l'ASviS svolge le proprie attività attraverso l'organizzazione di gruppi di lavoro dedicati a specifiche tematiche. In che modo l'ASviS riesce a coordinare le azioni portate avanti dai singoli gruppi di lavoro, e quali sono le principali criticità connesse alla gestione di un insieme così ampio e territorialmente diffuso di collaboratori?

Con grande impegno. Bisogna dare atto ai coordinatori, che sono espressione degli aderenti, e ai referenti del Segretariato, presenti in ciascun gruppo di lavoro, di aver svolto e di svolgere un ruolo di coordinamento straordinario. Effettivamente l'organizzazione “a rete” ha molti vantaggi, ma anche alcuni svantaggi: il vantaggio principale è sicuramente quello di valorizzare le esperienze dei singoli soggetti, mentre gli svantaggi sono il rischio della frammentazione o della poca continuità della presenza nei gruppi di lavoro. Su questo però abbiamo definito degli strumenti che nel 2017 metteremo in campo anche per migliorare la nostra organizzazione interna.

A partire dalla seconda settimana di gennaio non solo il sito dell'ASviS (www.asvis.it) avrà la homepage con tutte le notizie relative allo sviluppo sostenibile, come nel 2016, ma saranno attivi anche 17 sotto-siti, uno per ciascun Goal: di fatto siamo passati da un “sito” a un “portale”. I gruppi di lavoro gestiranno i propri sotto-siti a seconda dei Goals di propria pertinenza. Questa sarà un'importante occasione di visibilità ma anche di coerenza nelle attività dei vari gruppi di lavoro, visto che abbiamo dato delle indicazioni precise su come queste attività si dovranno svolgere. I gruppi di lavoro avranno anche l’opportunità di fornire degli input più precisi e dettagliati sulle singole politiche, ad esempio esprimendo dei pareri sui disegni di legge.

Un secondo aspetto riguarda la preparazione del Rapporto ASviS 2017. Mentre l'anno scorso il Rapporto è stato preparato in tempi molto brevi, la discussione sui contenuti del Rapporto 2017 (che verrà presentato a settembre) inizierà a fine gennaio. In questo modo avremo più tempo per preparare le analisi e per formulare in modo coerente i messaggi che invieremo attraverso il Rapporto. Il sito e il Rapporto saranno quindi i due strumenti di aggregazione attraverso cui cercheremo di dare continuità alle attività dei gruppi di lavoro durante l'anno.

Tra le istituzioni che aderiscono all'ASviS vi sono numerose fondazioni e reti di fondazioni. Rappresentando uno dei principali attori del Terzo Settore, qual è il principale contributo che tali enti possono fornire all'ASviS per il raggiungimento degli SDGs?

Rispetto alle attività dell'ASviS, le fondazioni hanno un ruolo fondamentale sia nell'incorporare nelle proprie attività il quadro concettuale degli SDGs e dello sviluppo sostenibile, che nel sostenere l'organizzazione di eventi e iniziative su tutto il territorio nazionale. Effettivamente, le fondazioni realizzano già tantissimo sul territorio: questo è un merito straordinario che va riconosciuto, ma talvolta esse vengono criticate perché le loro attività sono molto disperse e frammentate. In tal senso, utilizzare lo schema degli SDGs come quadro concettuale potrebbe essere un passo avanti molto importante. Ad esempio, negli Stati Uniti recentemente Bill Gates e altri grandi donatori hanno creato un fondo, dotato di oltre un miliardo di dollari, per aiutare i paesi in via di sviluppo a raggiungere gli SDGs. L'ampiezza degli SDGs - che vanno dalla lotta alla povertà all'educazione, al contrasto delle disuguaglianze e così via - può diventare anche per le fondazioni italiane un quadro di riferimento in cui collocare i diversi interventi vedendoli come contributi complessivi al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Prof. Giovannini, lei ha sottolineato in molteplici occasioni che la sostenibilità è “una questione non solo ambientale ma anche sociale, economica e istituzionale”. Per quale motivo, nonostante l'importanza rivestita, la sostenibilità continua ad essere un argomento su cui esiste molta disinformazione? Cosa frena la formazione di un consenso generale intorno all’Agenda 2030?

Il tema che lei solleva è assolutamente cruciale; è un tema che tocca da un lato le corde dei media in generale, e dall'altro la specificità italiana. L'Agenda 2030 è un'agenda complessa: è un'agenda multidimensionale, è un'agenda che, come dicevamo prima, spazia dalla povertà all'ambiente, alle disuguaglianze e così via. Catturare, cogliere e in qualche modo rappresentare questa complessità non è banale, soprattutto per i media che invece tendono sempre di più a semplificare, a spezzettare l'informazione. I famosi 140 caratteri di Twitter sono un ostacolo alla comprensione della complessità. E dunque non è facile comunicare il senso dell’Agenda 2030 e far vedere le relazioni che esistono tra le diverse dimensioni.

È un'operazione culturale complessa che noi cercheremo di agevolare in due modi. Primo, andando a fare formazione ai giovani giornalisti e ai futuri giornalisti nelle scuole di giornalismo, e predisponendo materiali che possano essere usati nei corsi di formazione continua dei giornalisti. Secondariamente, considerando la specificità italiana e cercando di tener conto del modo in cui le redazioni sono tipicamente organizzate (solitamente suddivise in economia, politica, società, ambiente): questa suddivisione non aiuta a cogliere la complessità e stiamo dialogando con alcuni grandi media per stabilire delle collaborazioni in un’ottica di medio termine. Ad esempio, il quotidiano “Avvenire” ha iniziato a pubblicare periodicamente delle pagine dedicate agli SDGs. Inoltre, siamo in contatto con diversi e importanti media per stabilire delle partnership in funzione del “Festival dello Sviluppo Sostenibile”, che organizzeremo dal 22 giugno al 7 giugno su tutto il territorio nazionale. Vedremo nei prossimi mesi cosa riusciremo a fare.

Dal suo punto di vista che ruolo dovrebbero giocare i giovani e le nuove generazioni nelle sfide, presenti e future, connesse allo sviluppo sostenibile?

Tutto il tema dello sviluppo sostenibile è, di fatto, una questione di giustizia tra generazioni. Se io mi approprio delle risorse che spetterebbero alla futura generazione è chiaro che sto determinando la non sostenibilità del mio modello di sviluppo. D'altra parte è altresì vero che, secondo tutti i sondaggi, i giovani hanno una sensibilità nei confronti dell'ambiente e di stili di consumo sostenibili molto maggiore rispetto alle fasce più anziane. Questo vuol dire che i giovani hanno una conoscenza approfondita dell'Agenda 2030? No, purtroppo.

Noi siamo davvero contenti che all'interno dell'ASviS siano entrate alcune reti giovanili importanti, come l'AISEC, l’Associazione degli studenti delle facoltà di economia. Con loro cercheremo di ragionare su come mobilitare i giovani anche in questa direzione. Abbiamo dei piani per potenziare la nostra presenza sui social media, ma abbiamo bisogno di un vero coinvolgimento e non semplicemente di informazione. Accrescere la sensibilità dei giovani per i temi legati allo sviluppo sostenibile è una delle priorità per il 2017. Noi speriamo che l'accordo con il Miur, gli interventi nelle università attraverso la Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile, e l'organizzazione del Festival possano essere delle occasioni per entrare in contatto con le tante associazioni giovanili che si occupano di tematiche legate allo sviluppo sostenibile.

Prof. Giovannini come sicuramente saprà, recentemente la European Alliance for Culture and the Arts ha lanciato un appello per includere la cultura all'interno della nuova strategia della Commissione Europea per raggiungere gli SDGs, sottolineando che “non ci può essere sviluppo sostenibile senza cultura”. Secondo lei, cosa ostacola una piena inclusione della cultura nell'Agenda 2030?

Quando sono stati stabiliti gli obiettivi di sviluppo sostenibile c'è stato un dibattito per decidere se ci dovesse essere un particolare obiettivo sulla cultura. La conclusione del dibattito fu negativa perché l'idea era che la cultura dovesse in qualche modo innervare tutta l'Agenda 2030. Se questo è certamente vero, la mancanza di un obiettivo sulla cultura - che è diversa dall'educazione (Obiettivo 4) – continua ad essere materia di riflessione anche all'interno dei gruppi di lavoro dell'ASviS. In particolare nel gruppo 16, quello che si occupa degli aspetti trasversali legati alla governance, si sta portando avanti una riflessione su come riuscire a evidenziare in maniera più forte la dimensione culturale.

Come Portavoce dell'ASviS, nei giorni scorsi ho incontrato il Ministro Franceschini per mobilitare anche il MiBACT, visto che quest'anno è l'Anno Internazionale del Turismo Sostenibile e quindi c'è la possibilità di fare un lavoro importante in questo campo. È evidente che la cultura dello sviluppo sostenibile dovrebbe rappresentare l'architrave delle scelte che l'Agenda 2030 impone, non solo a livello politico ma anche di singoli cittadini, di singoli consumatori, di singoli produttori.

La piena inclusione della cultura nell'Agenda 2030 è una sfida che nel corso del 2017 proveremo ad affrontare in modo più sistematico. L'aver scelto di organizzare un Festival basato su eventi molto differenziati tra di loro su tutto il territorio nazionale, e non semplicemente su un ciclo di convegni, è già una dimostrazione concreta della volontà di coinvolgere tutti i cittadini in questo sforzo collettivo perché, ricordiamolo sempre, l'Agenda 2030 è un'agenda “universale”, non solo perché riguarda tutti i paesi del mondo ma anche perché deve riguardare tutte le componenti della società compresi i singoli cittadini. Solo attraverso un cambio culturale, un cambio concettuale, si potrà incorporare effettivamente l'Agenda 2030 nei comportamenti quotidiani di tutti.

Il Rapporto ASviS, prima citato, sottolinea che “l’Italia dimostra di essere ancora molto lontana dal percorso di sostenibilità delineato dall’Agenda 2030 e dagli impegni sottoscritti all’ONU un anno fa”. Lei è fiducioso nel raggiungimento degli SDGs da parte dell'Italia?

Non è impossibile, ma questo richiede un impegno forte e persistente. Intendo dire che quando l'Italia ha sottoscritto gli Accordi di Parigi sulla lotta al cambiamento climatico lo ha fatto con convinzione, ma senza avere una strategia energetica in grado di realizzarli. Allo stesso modo, l'Italia ha sottoscritto l'impegno a ridurre drasticamente la povertà, ma poi in Parlamento la legge delega sulla povertà è bloccata da mesi. Questi sono solo degli esempi per dire che bisogna essere coerenti tra quello che si dichiara e quello su cui ci si impegna e gli strumenti concreti di cui si dispone.

Si sa che cosa bisogna fare; è riuscire a costruire la volontà politica che è difficile. Ed è per questo che siamo convinti che il 2017 sarà un anno cruciale. Se la prossima legislatura saranno anni in cui lo sviluppo sostenibile sarà al centro delle politiche, allora il raggiungimento degli obiettivi nel 2030 sarà alla nostra portata. Al contrario, se si continuerà a essere disattenti a queste tematiche, e a saltare da un problema all'altro senza in realtà definire in modo strategico e coerente un set di interventi, allora è evidente che non si riuscirà a raggiungerli.

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