Il Dakota Access Pipeline è un oleodotto sotterrato lungo quasi duemila chilometri che dovrebbe portare petrolio dalla Bakken Formation (una zona al confine tra Montana e North Dakota) fino all’Illinois, attraversando South Dakota e Iowa. (Scopri di pià su: NonConIMieiSoldi.org)
I Sioux che vivono nella riserva di Standing Rock si sono opposti alla costruzione del tratto di oleodotto che dovrebbe attraversare il loro territorio, perché distruggerebbe siti storici e religiosi importanti per la loro storia e comprometterebbe le loro riserve d’acqua.

Da settimane una coalizione globale hanno fatto pressione sulle maggiori banche commerciali che ancora stanno finanziando il progetto affinché negozino o cancellino i propri prestiti. A dicembre i Sioux di Standing Rock e altri leader indigeni hanno chiesto a ciascuna di queste banche di incontrarsi con rappresentanti delle tribù che vogliono esprimere le proprie preoccupazioni.

Il 10 gennaio era la data limite per dare una risposta e le cose sono andate così: quattro banche hanno rifiutato l’invito (BayernLB, BNP Paribas, Mizuho Bank e Suntrust), sei non hanno risposto (Bank of Tokyo-Mitsubishi UFJ, BBVA Compass, ICBC, Intesa Sanpaolo, Natixis, e Sumitomo Mitsui Banking Corporation) mentre sette banche hanno accettato di incontrare le tribù (Citi, Crédit Agricole, DNB, ING, Société Générale, TD, e Wells Fargo).

Come risposta, è stata intensificata la pressione sulle banche che rifiutano un impegno. Ora la coalizione indigena di Standing Rock chiede a milioni di persone di #DefundDAPL, ritirare il proprio denaro depositato nelle banche che ancora finanziano il progetto. Finora si contano migliaia di conti chiusi, per un totale di oltre 46 milioni di dollari. Inoltre, sono state occupate filiali di Wells Fargo, US Bank e Citibank.

La richiesta che la coalizione fa alle banche è che vengano interrotti i finanziamenti ai prestiti finché non siano risolte alcune questioni sospese e non si raggiunga un accordo sostenuto dalle popolazioni indigene.

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