Sharitaly, dal 2013 evento leader in Italia sull’economia della collaborazione, ha l’obiettivo di promuovere il dibattito e lo scambio di pratiche favorendo la contaminazione tra comunità, piattaforme, amministrazioni e aziende. (Scopri di più su: http://sharitaly.com/about/)

Finita l’epoca in cui sulla sharing economy ricadevano le aspettative di ricetta salvifica per l’uscita dalla crisi e le critiche di chi teme i suoi lati “oscuri”, la IV edizione di Sharitaly 2016 vuole fare il punto sulla diffusione e l’impatto dell’economia collaborativa oggi in Italia. Attraverso dibattiti, casi studio e laboratori formativi, ci si interrogherà sulla creazione, distruzione e distribuzione di valore dell’economia collaborativa: distrugge lavoro o crea nuove competenze e professionalità? Sta generando nuove disuguaglianze sociali e territoriali o può produrre nuove forme di welfare comunitario? Disintermedia i mercati o crea nuove forme di intermediazione? Riesce a socializzare l’economia? E’ sostenibile?

Queste domande verranno declinate nei diversi settori in cui l’economia collaborativa in maniera più o meno evidente sta abituandoci a immaginare soluzioni diverse da quelle a cui eravamo fin qui abituati: nell’accoglienza e nella mobilità, regno delle grandi piattaforme internazionali che, pur con tutte le loro contraddizioni, stanno svolgendo una potentissima azione culturale e trasformativa; nella finanza, dal crowdfunding al blockchain; nella scienza dove i cittadini collaborano alla ricerca; nella cultura dove attraverso le relazioni si scoprono nuovi modi di rileggere le opere e condividere passioni; nel lavoro, dove le piattaforme digitali e fisiche (gli spazi di coworking) stanno creando nuove reti professionali; e ancora: nella manifattura, nei processi aziendali (co-creazione, community management, platform design), nelle città (open data). Ogni settore e ogni ambito, con una maturità e pratiche differenti, sta sperimentando il modello collaborativo, che diventa motore di accelerazione e cambiamento anche per i nostri territori. Coworking, incubatori, mercati cittadini che, in tutta Italia si stanno trasformando da spazi a luoghi, piattaforme abilitanti per associazioni, gruppi, cittadini, imprese che lì trovano un luogo dove esprimersi, sperimentare, mostrarsi, riflettere, creando comunità multistakeholder dalle governance allargate.

Un modello – quello collaborativo – che è causa ed effetto di un profondo cambiamento culturale che sta innovando la nostra economia. Un modello aperto, basato su nuove logiche organizzative di abilitazione degli utenti; relazionale, l’azione connettiva può creare nuove forme di socializzazione dell’economia; potenzialmente inclusivo perché abbatte le tradizionali barriere all’accesso. Un modello che apre nuove opportunità ma anche numerose domande e sfide.

Un processo avviato ormai da qualche anno ma che non ha ancora raggiunto la maturità. Non sono, infatti, ancora mature le grandi piattaforme internazionali, cresciute troppo in fretta per volere di fondi di investimento che, approfittando di un buco normativo, hanno gonfiato alcuni servizi fino a portarli a un valore di mercato più potenziale che reale. Non sono mature neanche le applicazioni nei diversi mercati alcune ancora molto iniziali, altre ad uno stadio più avanzato – almeno in termini di utenti – ma di cui non si prevedono i termini di crescita né, tantomeno, il conseguente reale impatto. E non è maturo il modello collaborativo stesso sia dal punto di vista normativo dove, nonostante la discussione si sia aperta in Italia e in Europa, rimangono margini di incertezza su cosa e quanto sia giusto normare, sia dal punto di vista del design. Non si conoscono ancora, per esempio, gli strumenti che facilitano l’innescarsi di quel network effect necessario per garantire la crescita dei servizi, e neanche le attenzioni che si devono porre nella progettazione per garantire una scalabilità della piattaforma che non perda di vista la capacità di generare beni relazionali. Il modello collaborativo, infine, non è maturo neanche dal punto di vista relazionale per cui ancora non si conosce la struttura e le dinamiche dei legami sociali generati attraverso le piattaforme.

Di tutto questo ma anche di molto di più si parlerà a Sharitaly. Lo faremo cercando di scomporre e ricomporre esperienze e pratiche nei diversi settori come nei diversi ambiti di senso, cercando di capire quanto è maturo il modello collaborativo e qual è il suo impatto economico, sociale, ambientale. Se tutti parlano di sharing economy, a noi, che abbiamo iniziato per primi, spetta l’onere di analizzarne meticolosamente “le impronte lasciate sul terreno”, al fine di delineare la rotta che congiunge i passi di oggi alle aspirazioni di domani.

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